«Cambiare le pensioni e dare lavoro ai giovani»

I sindacati: flessibilità per tutti, con la possibilità di andare in pensione a 62 anni e almeno 37 di contributi intervenendo radicalmente sulla riforma Fornero


di Renato Brianti


BOLZANO. La mobilitazione nazionale del 2 aprile ha visto i sindacati uniti nella speranza di farsi sentire dal governo. Davanti al Commissariato del governo ieri la manifestazione di Cgil, Cisl, Uil e Asgb con molti proposte per cambiare le pensioni, avere una maggiore flessibilità e nel contempo dare lavoro ai giovani. «Uscire in flessibilità - esordisce Toni Serafini per la Uil - non prima dei 62 anni con 37 di contributi, questo creerebbe un circolo virtuoso per l’occupazione dei giovani, si può fare modificando radicalmente la legge Fornero che è stata una grande operazione di cassa, ha fatto spostare 80 miliardi dalla previdenza al bilancio dello Stato. Hanno detto che serviva per aiutare i giovani ma così non è stato, anzi, hanno impedito ai giovani di entrare nel mercato del lavoro perché allungando l’età lavorativa, soprattutto delle donne, hanno bloccato le entrate». Oltre a questo? “Altra richiesta è il poter vedere in maniera diversa i lavori usuranti. Non tutti i lavori sono uguali, ci sono lavori non solo manuali ma anche professionali che sono maggiormente usuranti. Le donne poi sono più penalizzate perché lavorano meno e spesso escono dal mercato del lavoro per seguire i figli e questo significa meno contribuzione”. “Chiediamo di decidere in fretta - conclude Serafini - perché questo governo è nato nel febbraio del 2014 e la modifica delle pensioni era un suo slogan già allora, dopo due anni vediamo tante parole ma poca sostanza e numeri raccontati male. I dati usciti ieri parlano di 97.000 posti in meno di lavoro a febbraio, vanno letti in maniera corretta”.

Sulla stessa linea di pensiero anche Alfred Ebner, segretario generale Cgil, che non riesce a immaginare una maestra d’asilo lavorare a 67 anni: «Le donne sono le più penalizzate dalla Fornero, hanno uno scalone da qui al 2018 non indifferente. L’unica soluzione è la creazione di lavoro e questa passa attraverso un rilancio dell’economia, gli incentivi sono passeggeri, serve una soluzione strutturale. Se l’economia non è in crescita non crea nuovi posti di lavoro e se sopra nessuno esce andando in pensione, nessun giovane può entrare». La situazione è cristallizzata: “Sì - conclude Ebner - le aziende stesse cominciano a verificare un invecchiamento delle stesse maestranze e la colpa è della riforma che ha bloccato il ricambio generazionale”. Per Michele Buonerba (Cisl) “la riforma Fornero ha costretto tanti che fanno lavori pesanti a dover lavorare fino a 7 anni in più rispetto alla norma precedente. Non ha tenuto conto che i mestieri sono diversi, ci sono persone che possono lavorare 43-44 anni ma altre che quel numero di contributi non lo possono mettere assieme per molte ragioni, primo perché fanno un lavoro troppo faticoso per riuscire ad arrivare in salute all’età della quiescenza, secondo perché purtroppo fra chi lavora con i voucher e chi non lavora affatto, rischiamo di avere una generazione intera che arriva a 67 anni senza poter avere una pensione dignitosa”.

Il governo parla di disoccupazione che cala e tasse che scendono, dove sta allora l’errore? «Il problema è che il governo considera occupate le persone che lavorano con i voucher e in questo paese sono 2.200.000, inoltre gli incentivi all’assunzione falsano un po’ i dati reali, vedremo gli effettivi benefici solo quando finiranno, ma in questo momento il governo sta guardando un altro film, noi guardiamo la vita reale», chiude Buonerba.













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