«Lavoro precario, ridurre i tempi per renderlo stabile» 

Pelella: «I contratti a tempo sono quasi il 30% del totale No a limiti troppo stringenti per il rumore delle fabbriche»


di Maurizio Dallago


BOLZANO. Contratti di lavoro e precarietà. Ambiente e sviluppo sostenibile. Questi i due temi principali, ieri, al congresso della Uilm altoatesina. Al termine dei lavori i delegati hanno eletto il nuovo consiglio provinciale che ha a sua volta riconfermato alla guida della Uilm il segretario Giuseppe Pelella, affiancato in segreteria da Eduart Dedja (Iveco) Mamadou Barry (Aluminium Bozen), Domenico Adamo (Acciaierie Valbruna) e il tesoriere Andrea Gaspari (Acciaierie Valbruna). Tutti rimarranno in carica per i prossimi 4 anni. Il metalmeccanico esiste ancora. In Alto Adige sono 20 mila quelli che lavorano nella manifattura, a cui aggiungere gli artigiani. Le imprese più grandi in termini occupazionali si trovano a Bolzano, Brunico, Vipiteno e Bressanone. Presenti al congresso Luca Maria Colonna, della segreteria nazionale Uilm, il segretario della Uil altoatesina Toni Serafini ed anche i responsabili di Fim/Cisl e Fiom/Cgil a livello provinciale.

«Il 2017 in provincia di Bolzano è stato il migliore degli ultimi dieci anni dal punto di vista occupazionale, con una crescita annua del più 3,5%. Va però sottolineato che l’aumento dell’occupazione è dovuta soprattutto ai contratti a tempo determinato, + 5.553, pari al 10,8%. Quindi anche da noi aumenta la precarietà», sottolinea Pelella. In effetti, la quota di posti di lavoro a tempo indeterminato è in assoluto la più bassa mai registrata negli ultimi venti anni: nel 1998 i erano l’82 per cento a fronte di solo un 18% a tempo determinato, mentre nel 2017 l’incidenza del contratto a tempo indeterminato è scesa al 70% a fronte di quasi un 30 per cento di contratti a tempo determinato, cioè più di un quarto dei lavoratori. Questo in Alto Adige. «Non siamo contrari all’utilizzo dei rapporti di lavoro a tempo determinato, ma diciamo no all’abuso di queste forme contrattuali, così come lo siamo stati con i voucher dei quali si è fatto un abuso in passato prima di giungere alla nuova regolamentazione. Vorremmo che questi rapporti di lavoro fossero utilizzati per un tempo ragionevole e per casi giustificati e che fossero parte di un percorso che approdi alla stabilizzazione del rapporto di lavoro», ancora Pelella. In questo contesto le proposte della Uil nazionale vanno nella direzione di far pagare di più il lavoro flessibile, e ridurre drasticamente i tempi ad un anno, (oggi sono tre anni con cinque possibili rinnovi).

Poi la questione di ambiente e industria. «Bisogna coniugare le migliori tecnologie disponibili a tutela dell’ambiente e della salute dei lavoratori e dei cittadini senza per questo sacrificare la possibilità di produrre alle nostre industrie. Nella nostra provincia è accaduto invece che la ricerca dell’eccellenza nella salvaguardia dell’ambiente ha finito per penalizzare le attività produttive. L’esempio più vicino a noi sono le Acciaierie Valbruna (ma non è l’unico caso…), dove le norme troppo stringenti sul rumore hanno di fatto impedito di ricorrere al turno di notte al treno di laminazione», evidenzia Pelella. Per il sindacato «questo contribuisce a creare condizioni sfavorevoli alla competitività delle nostre imprese, al pari dei costi proibitivi dei terreni». E senza imprese niente posti di lavoro.













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