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Italia, torna il carbone se la Russia taglia il gas. Aiuti e armi all’Ucraina

Il decreto approvato dal consiglio dei ministri: sì a razionamenti e riapertura delle vecchie centrali. Di Maio incassa il sì dell’Algeria ad un aumento delle forniture di metano



ROMA. Accoglienza dei profughi e armi per l'esercito di Kiev. Fondi per studenti e ricercatori ucraini e centrali a carbone pronte a ripartire in qualsiasi momento, se servisse ridurre i consumi di gas. Mario Draghi a distanza di tre giorni riunisce di nuovo il Consiglio dei ministri per allineare a quella degli alleati la risposta italiana alla guerra di Vladimir Putin contro l'Ucraina, con l'invio di mezzi ed equipaggiamenti militari. E allo stesso tempo per mettere al riparo il sistema dell'energia dal rischio che la Russia venga meno ai suoi impegni e tagli le forniture di gas.

Le contromisure per evitare uno choc energetico il premier le aveva annunciate già venerdì alle Camere, dove tornerà per aggiornare il Parlamento sull'evoluzione della crisi. Il decreto passa all'unanimità in Cdm, anche perché prevede che ogni atto che coinvolga l'arsenale militare - l'Italia dovrebbe inviare missili e mortai - sia preceduto da un passaggio a Montecitorio e a palazzo Madama.

Per non farsi "trovare impreparati" se la situazione dovesse ulteriormente peggiorare, intanto, il governo si muove sull'energia su più fronti: mentre da Bruxelles Cingolani assicura che "nel brevissimo termine, nell'ordine di settimane, non c'è nessun problema di approvvigionamento" del gas, Luigi Di Maio vola ad Algeri insieme all'ad di Eni Claudio Descalzi per assicurarsi un aumento delle forniture da partner internazionali diversi da Mosca. L'Algeria "da sempre fornitore affidabile, ha un ruolo fondamentale", dice il titolare della Farnesina, incassando l'ok all'aumento delle forniture. Ma bisogna attuare una "strategia per il breve, il medio e il lungo termine - dice ancora Cingolani - per sganciarci dalla dipendenza del gas russo".

Il decreto prepara così il terreno per far scattare razionamenti dei consumi nelle centrali elettriche e nel settore termoelettrico in modo "immediato" e "a prescindere" dal livello di emergenza (nel piano nazionale ce ne sono tre, per ora siamo al livello uno, di preallerta e monitoraggio), razionamenti che passano per la "massimizzazione" dell'impiego delle centrali a olio o carbone (e l'applicazione dei limiti di Co2 europei, meno restrittivi di quelli nazionali). In questo caso Cingolani agirà con "provvedimenti e atti di indirizzo" dei quali dovrà comunque informare il Cdm alla prima riunione utile.

Il decreto circoscrive l’utilizzo a pieno regime delle vecchie centrali più inquinanti a quelle "in condizioni di regolare esercizio", come potrebbero essere gli impianti Enel di La Spezia o di A2a a Monfalcone, che già a dicembre erano stati riaccesi e poi rispenti per un paio di settimane. 













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