ANSA-FOCUS/Tar, 'medici liberi di scegliere le cure a casa'



(di Adele Lapertosa) (ANSA) - ROMA, 10 MAR - I medici di famiglia hanno il diritto/dovere, nella lotta al Covid-19, di prescrivere i farmaci che ritengono più opportuni nella cura domiciliare dei pazienti. È questo il principio ribadito dal Tar del Lazio con un'ordinanza in cui ha accolto le richieste di alcuni medici che contestavano la nota dell'Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) dello scorso dicembre. Il documento prescriveva ai medici di gestire i pazienti a domicilio, nei primi giorni di malattia, unicamente con una "vigilante attesa" e somministrando farmaci fans e paracetamolo.
    La nota escludeva tutti gli altri farmaci generalmente utilizzati dai medici di medicina generale per i pazienti affetti da Covid-19. I giudici amministrativi hanno però ritenuto fondato il ricorso perchè i medici ricorrenti "fanno valere il proprio diritto/dovere di prescrivere i farmaci che ritengono più opportuni secondo scienza e coscienza, e che non può essere compresso nell'ottica di una attesa, potenzialmente pregiudizievole sia per il paziente che, sebbene sotto profili diversi, per i medici stessi". Una decisione, quella del Tar del Lazio, che "non ha fatto altro che confermare il principio dell'autonomia del medico, che è garantita dalla leggi", secondo Silvestro Scotti, segretario nazionale della Federazione italiana medici medicina generale (Fimmg). Del resto "sul Covid non esiste una cura standardizzata, né linee guida o raccomandazioni - continua Scotti - la circolare del ministero della Salute sulle cure domiciliari dà degli indirizzi e definisce le condizioni generali, indica i farmaci consigliati in alcune fasi della malattia, ma non esplicita in modo dettagliato i casi delle malattie. Non può essere considerata come linee guida, perchè per quello serve un processo ben preciso, che coinvolge anche l'Istituto superiore di sanità". Il principio, secondo Scotti, "è che il medico è autonomo nel decidere il processo di cura. La circolare del ministero non è generalizzabile. L'unico modello rimane la responsabilità e l'autonomia del medico".
    E proprio sulle cure domiciliari si è innescata un'altra questione. Gli infettivologi dell'ospedale Sant'Orsola di Bologna hanno chiesto di bloccare le cure a base di cortisone prescritte troppo presto ai malati di Covid, assistiti a casa.
    In una nota all'ordine dei medici, firmata dal primario di Infettivologia Pierluigi Viale e dai medici Luciano Attard e Fabio Tuminetto, si segnala che nei pronto soccorso bolognesi "stanno arrivando pazienti, anche giovani, con Covid-19 severo che hanno quale unico fattore di rischio il fatto di avere iniziato terapia con cortisone prematuramente". Deve essere chiaro, proseguono, "che un trattamento con cortisone iniziato entro 7 giorni dall'esordio dei sintomi favorisce la replicazione virale e quindi l'infezione e le sue conseguenze".
    Successivamente lo stesso Viale, esprimendo "fiducia assoluta nel prezioso lavoro che la Medicina di comunità svolge" ha voluto ribadire: "Mi scuso per i toni, ma il tempismo nella somministrazione dei farmaci è centrale".
    Continua intanto il lavoro di aggiornamento della circolare del ministero della Salute sulle cure domiciliari. Oggi si è svolta la seconda riunione del gruppo di lavoro in cui sono coinvolti, oltre a membri del ministero, Istituto superiore di sanità e Comitato tecnico scientifico, anche medici di famiglia, infermieri e professioni sanitarie. Tra i filoni di lavoro gli anticorpi monoclonali e la revisione del protocollo per la gestione dei bambini. (ANSA).
   









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