A Los Angeles  grande Merano con la Gufler e Oberburger 

Doppio exploit ai Giochi olimpici del 1984. Norbert, titolare di una palestra nella città del Passirio, è campione nel sollevamento pesi Edith, che invece lavora in un distributore di benzina, è d’argento nel tiro a segno nell’edizione di Carl Lewis e del boicottaggio dei Paesi dell’Est


DANIELE MAGAGNIN


Bolzano. Due medaglie altoatesine “pesanti” alle Olimpiadi americane di trentasei anni fa. Un oro e un argento conquistati da due meranesi, Norbert Oberburger ed Edth Gufler, rispettivamente nel sollevamento pesi e nel tiro a segno. Cinque sono gli altoatesini che vestono l’azzurro in quell’edizione dei Giochi. Oltre ai due medagliati ci sono anche la bolzanina Erica Rossi, la badiota Maria Canins Bonaldi e il caldarese Klaus Maran.

Rossi, Canins e Maran

Nell’atletica leggera, Erica Rossi, alla seconda Olimpiade personale chiude in 53’04 la batteria dei 400 metri senza qualificarsi e corre la staffetta 4x400 con Patrizia Lombardo, Cosetta Campana e Marisa Masullo, chiudendo in sesta posizione 3’30”82, nel ciclismo su strada Maria Canins Bonaldi conquista il quinto posto, la stessa posizione che occupa Klaus Maran nella graduatoria finale del windsurf classe Mistral.

I Giochi sono quelli della XXIII Olimpiade. Sede: Los Angeles, Stati Uniti d’America. Periodo: dal 28 luglio al 12 agosto 1984. È la rassegna a cinque cerchi caratterizzata dal boicottaggio del cosiddetto “blocco sovietico”, anche se non compatto in questa occasione. Quattro anni prima erano stati gli americani a rinunciare ai Giochi di Mosca. Il 21 marzo del 1980 il presidente statunitense Jimmy Carter annunciò, di fronte a una delegazione di atleti presenti alla Casa Bianca, che gli Stati Uniti non avrebbero partecipato ai Giochi Olimpici in programma dal 19 luglio al 3 agosto a Mosca, in Unione Sovietica in seguito all’invasione dell’Afghanistan da parte dei sovietici, iniziata il 25 dicembre del 1979.

Boicottaggio dei paesi dell’Est

Los Angeles 1984 fa segnare l’ultimo grande boicottaggio olimpico della storia, l’ultima grande protesta messa in atto ai Giochi, quella dei Paesi dell’Est Europa, letta come rappresaglia per il boicottaggio occidentale di quattro anni prima. Si dice che il Comitato Olimpico Sovietico avesse continuato a far allenare le squadre olimpiche fino a pochi giorni prima della dichiarazione del boicottaggio, avvenuta l’8 maggio del 1984. L’URSS annunciò la propria rinuncia ai Giochi di Los Angeles con la motivazione ufficiale di “mancanza di condizioni di sicurezza per la delegazione sovietica”, vista la Guerra Fredda. Al “njet” sovietico si aggiunse quello di 17 paesi allineati, con la Jugoslavia e la Romania di Nicolae Ceausescu controcorrente. La Cina - assente dal 1948 – è di nuovo ai Giochi e conquista 32 medaglie, di cui 15 d’oro. La Romania approfitta della situazione e si piazza addirittura seconda nel medagliere generale con 53 medaglie.

In tutto, le nazioni presenti alle seconde Olimpiadi californiane della storia sono 140, un record. I Giochi di Los Angeles sono una sorta di spartiacque nella storia dell’organizzazione delle Olimpiadi. Il comitato è un ente privato, lo presiede Peter Ueberroth (nato il giorno della morte del barone De Coubertin) con l’obiettivo di fare utili coinvolgendo sponsor privati, da sostituire ai finanziamenti pubblici anche nella costruzione delle strutture olimpiche. Missione compiuta: i Giochi fruttarono più di 250 milioni di dollari, un successo senza precedenti e un modello da imitare.

Sono le Olimpiadi dominate da Carl Lewis, il “Figlio del vento”, capace di far rivivere la leggenda Jesse Owens, vincendo l’oro nei 100 metri, 200 metri, 4x100 metri e salto in lungo. È lui l’icona di quei Giochi che gli States dominano approfittando anche dell’assenza di sovietici e tedeschi orientali. Oltre a Lewis salgono agli onori della cronaca Edwin Moses nei 400 ostacoli, il tuffatore Greg Louganis con due ori, il nuotatore Michael Gross e la maratoneta Joan Benoit. In primo piano anche Valerie Brisco-Hooks (200) e Evelyn Ashford (100), Rick Carey (100 e 200 dorso), Michael Jordan (basket) e Mary Lou Retton (ginnastica) e poi Daley Thompson (Regno Unito) nel decathlon e Saïd Aouita (Marocco) nei 5000.

Italia, 14 medaglie d’oro

Record di medaglie d’oro per l’Italia: 14, quinta nel medagliere dietro a Usa, Romania, Germania Ovest e Cina. Indimenticabili i successi azzurri di Alberto Cova nei 10.000 metri, di Alessandro Andrei nel lancio del peso e dei fratelli Abbagnale con Di Capua nel due con.

Le due medaglie ai Giochi olimpici estivi targate Alto Adige appartengono a due meranesi: Norbert Oberburger ed Edith Gufler. Il primo si impone nel sollevamento pesi categoria 110 kg., la seconda conquista il secondo gradino del podio a cinque cerchi nel tiro a segno, nella prova di carabina.

Chi sono i due meranesi sul podio a Los Angeles?

Norbert Oberburger

Norbert Oberburger nasce a Lagundo il primo dicembre 1960, gestore all’epoca di una palestra a Merano, solleva 390 kg e precede nella graduatoria generale finale della prova olimpica il rumeno Stefan Tasnadi, fermatosi a kg 380 e lo statunitense Carlton Guy (kg 377,50). Oberburger regala all’Italia una medaglia d’oro che mancava da sessant’anni anni grazie alla sua alzata da 390 chilogrammi. Una medaglia arrivata pochi giorni dopo la nascita della sua primogenita, Sabine. La carriera da pesista l'ha iniziata quasi per caso, sicuramente per divertimento: il quindicenne Norbert, un bel giorno, si presentò presso la palestra dell’Athletic Club Merano, accompagnato da un amico, quasi per togliersi una curiosità. Incontrò Giancarlo Concin, tra i promotori del sollevamento pesi in regione, grande sportivo polivalente, scomparso di recente. Nel 1979 a Parma ad appena 19 anni conquista il primo titolo tricolore con 285 chilogrammi nelle due alzate (135+150).

A Mosca alla sua prima olimpiade, Oberburger gareggia nella categoria fino a 90 chili, finisce decimo con un totale di 315 chili (147,5+167,5), a Los Angeles come a Seul gareggia invece nella categoria fino a 110 chilogrammi. Passo dopo passo, chilo dopo chilo, il primato personale del campione olimpico di Los Angeles 1984 sale a 427,500, in due alzate, alla vigilia di Seiul. Finisce sesto ai Giochi 1988 e decimo a quelli del 1992 a Barcellona. Partecipa a quattro edizioni delle Olimpiadi. A livello europeo vanta un argento (1984) ed un bronzo (1986).

Edith Gufler

La medaglia d’argento alle Olimpiadi di Los Angeles nel tiro a segno porta la firma di una ragazza altoatesina di 22 anni, che negli States e in Italia viene soprannominata la “Calamity Jane del 1984”. Lei è Edith Gufler, meranese, nata il 6 agosto 1962, di professione fa la benzinaia nella città del Passirio. Sconosciuta ai più, a Los Angeles, perde di pochissimo un oro olimpico nella carabina 10 metri, che avrebbe avuto del favoloso. La giovane altoatesina chiude con 391 punti contro i 393 dell'americana Pat Spurgin e con due di vantaggio sul bronzo della cinese Wu Xiaoxuan. L’argento è comunque un risultato eccezionale, che la premia di tanti sacrifici e della sua grande passione per il tiro a segno. Avvincente il testa a testa con la “padrona di casa” Spurgin. L’argento è la prima medaglia azzurra nella disciplina. Commossa la ragazza di Merano, 178 centimetri, allenata da Luigi Testarmata, sale sul gradino del podio.

Prima di Los Angeles aveva disputato i Mondiali 1982 e 1983 e gli Europei negli stessi anni. Campionessa italiana e due volte, primatista nazionale nella carabina da 10 metri, prima dei Giochi americani conquista un titolo italiano. Il 31 luglio 1984 è, probabilmente, il giorno più bello della sua vita.

Ai Giochi di Seul 1988 non la convocano, pare a causa dello scarso feeling con i responsabili tecnici di quel tempo. Edith si ritira ufficialmente dalle competizioni ufficiali ai massimi livelli a soli 26 anni nel 1988. Vive a Merano con la famiglia. La passione per la disciplina del tiro a segno non l’ha mai persa.

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