Ivan, Bruno, Angelo e Luca: i Bertuolo famiglia nel pallone

Da Bolzano alle serie A e B per i tre fratelli e un figlio Ivan: «Entrai a S. Siro e Facchetti mi teneva per mano»


di Filippo Rosace


BOLZANO. Quando mamma Ida e papà Alberto decisero che era venuto il momento di mettere al mondo i pargoli, molto probabilmente presero una calcolatrice e iniziarono a pianificare tutto. Così arrivò dapprima Lia, sei anni dopo fu la volta di Angelo, sei anni dopo si udì il vagito di Bruno e sei anni ancora fu appeso il nastro azzurro per Ivan. Angelo, Ivan e Bruno quel sei “periodico” se lo stampigliarono anche sulla schiena, cucito addosso alle maglie che nel corso degli anni indossarono durante la lunga militanza tra i campi professionistici e dilettantistici. Angelo, Ivan e Bruno sono i tre fratelli Bertuolo che assieme al giovane Luca rappresentano una delle migliori testimonianze del miglior calcio bolzanino. Abbiamo incontrato la Bertuolo family al Druso, un campo da calcio che ha rappresentato il crocevia importante nella carriera di tutti e quattro. E appena messo piede sul terreno appena innaffiato, Angelo (classe ’35) osserva attento e scatta la prima fotografia seppiata: “ai miei tempi l’erba qui non c’era”.

Già ai suoi tempi. Ma quali sono state le stagioni di Angelo Bertuolo che come lui stesso dice “sono nato difensore”. “Ho iniziato a giocare nel Laives poi andare a Trento e da li a Foggia in serie B, dove conquistammo la promozione nella massima serie. E’ stato il ricordo più bello…una soddisfazione che riesci a comprenderla solo se la vivi. Eppoi che tifoseria! Vinto il campionato eravamo diventati dei santi!”.

Dalla quella serie A alla serie A di oggi cosa è rimasto? “Nulla! Oggi nel gioco del calcio c’è solo tanto accanimento. Pugliese diceva che il calcio “è sangue ed arena”, ma se avesse visto quello di oggi cosa avrebbe detto”? Oronzo Pugliese, figura rimasta indelebile nell’iconografia dei mister, ha allenato sia Angelo che Ivan. Per cui gli aneddoti si sprecano… “Quando ci spiegava la tattica – racconta Angelo - aveva la mania di utilizzare le pedine della dama…le metteva sul tavolo e iniziava a parlare. Tra di noi ci davamo di gomito e qualcuno gli portava via una pedina…così alla fine doveva smettere perché non riusciva più ad andare avanti”. Ivan riprende la parola ed aggiunge: “quando decideva di fare un allenamento aggiuntivo ad uno di noi, si presentava alla fine con quattro galline dicendo all’interessato che sarebbe rientrato negli spogliatoi soltanto dopo averle acchiappate tutte!”

Ivan Bertuolo (classe ’41), è stato lo stopper che ha viaggiato più di tutti e conosciuto platee importanti. “Ho iniziato nel Bolzano, poi Solbiatese, Atalanta, Palermo, Mantova, Pescara, Lecce e Chieti ed ho chiuso la carriera nel 1982 a Bolzano con Franzoi allenatore. Arrivai nel Bolzano voluto da Bradaschia, erano andati via Weiss e Benetti, giocavo con Milani, Molgora, Benini, Prudenziati. Avevo 16 anni e ricordo che Molgora mi riempiva di consigli. I dirigenti di allora mi cedettero poi alla Solbiatese in serie C e da li, andai in serie A con la maglia dell’Atalanta. Avevo 19 anni, facevo il militare a Bologna e quell’anno giocai 13 partite, l’anno dopo ne giocai 30 marcando sempre l’attaccante più pericoloso. Il più ostico? Anastasi perché era un centravanti che partiva da lontano e non stava mai fermo”. Con la divisa verdeoliva Ivan ha condiviso la camerata con Giacinto Facchetti, a quei tempi già bandiera dell’Inter. ”Difatti ricordo che dopo l’esordio in serie A contro la Spal rientrai in caserma e Giacinto mi venne incontro dicendomi: Berto hai giocato in serie A adesso puoi anche parlare…sa a quei tempi la gerarchia veniva rispettata! Poi aggiunse: sabato c’è Atalanta-Inter, te giocavi nella Solbiatese e c’erano settecento persone adesso verrai a San Siro e ce ne saranno 70.000…stai attento all’urlo del pubblico! Non ci avrei mai creduto, quel pomeriggio lui mi prese per mano mentre uscivamo dal sottopassaggio e quell’urlo ci investì, mi guardò fiero e disse: hai visto Berto?”

Bruno Bertuolo ascolta i ricordi dei fratelli più grandi, annuendo soddisfatto. Anche lui ha condiviso le belle pagine di calcio dei suoi consanguinei, qualche volta anche da avversario: “è successo in una gara di Coppa Italia Barletta-Foggia, un derby infuocato…io e Angelo ci guardammo in cagnesco ma sino al novantesimo! Rispetto ai fratelli ed al nipote, Bruno si identifica in un ruolo più dinamico, insomma un difensore con licenza del gol. “Ne segnai due nella gara d’esordio contro il Crotone, nei feci altri nei quattro campionati trascorsi a Barletta. L’allenatore mi diceva sempre che negli ultimi dieci minuti di andare avanti e cercare di fare qualcosa…riscattato il cartellino tornai a Bolzano dove c’era Sartin. Eravamo un a famiglia si rideva e si scherzava sempre, eppoi c’era il mitico portiere che era il nostro fratello maggiore. Se partivo in velocità imitava la trombetta che suona l’attacco, se partiva invece Stefanin emetteva una musica molto più lenta. Uno spasso!” La dynasty Bertuolo passa anche dal più “giovane” Luca Bertuolo, figlio di Angelo ed anche lui difensore…per vocazione o per forza! “Diciamo che ho fatto il giocatore per forza – dichiara Luca - nel senso che a casa mia dalla mattina alla sera si parlava solo di calcio, e come se non bastassero papà e gli zii ci si metteva anche la mamma grande appassionata di calcio. I miei trascorsi ovviamente non avvicinano quelli dei miei parenti, però diciamo che sono stato abbastanza sfortunato nel momento che potevo fare il salto, avendo incontrato sulla mia strada persone non proprio cristalline”. Ci spieghi meglio Luca… “Mi riferisco all’anno in cui fui acquistato dal Brescia. Nel pomeriggio venne il Verona e per mantenere la parola data dissi no agli scaligeri, ignorando il fatto che però il Brescia mi aveva girato al Rovereto. A metà campionato il Verona tornò a chiedermi ma non sapevo che il Rovereto aveva acquisito il mio cartellino e quindi non se ne fece nulla!” A far brillare la bacheca ci sono i dieci anni trascorsi con la maglia del Bolzano. “ Essere stato il capitano del Bolzano è stato un grande onore.” E per un ex capitano biancorosso osservare l’attuale situazione di classifica del suo Bolzano non dev’essere una situazione esaltante. “Purtroppo adesso il Bolzano si trova in cattive acque. Auguro alla squadra di risalire la corrente”. Angelo. Bruno, Ivan e Luca, la dynasty dei Bertuolo non finisce mica qui. “Sono i miei due figli – conclude Luca – Alessandro che gioca con i Giovanissimi del Laives Bronzolo e Federico che ha sette anni ed in campo fa solo casino. ”

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