La rivincita»PIÙ FORTI DELLA SFORTUNA

BOLZANO. A Londra a rappresentare l’Alto Adige alle Paralimpiadi ci sarà solo Claudia Schuler, 23 anni di Plaus in Val Venosta, campionessa di handbike. Ma la bella Claudia, condannata a vivere su...


di Antonella Mattioli


BOLZANO. A Londra a rappresentare l’Alto Adige alle Paralimpiadi ci sarà solo Claudia Schuler, 23 anni di Plaus in Val Venosta, campionessa di handbike. Ma la bella Claudia, condannata a vivere su una carrozzina fin da bambina a causa un intervento chirurgico andato male, non è la sola ad ottenere ottimi risultati a livello agonistico pur dovendo fare i conti con pesanti handicap.

Prima di lei alle Paralimpiadi è andato Roland Ruepp pure lui venostano: nel 1990 la sua vita è cambiata in pochi attimi. Durante un’arrampicata nel massiccio del Sesvenna con Rosmarie, un’amica che poi è diventata sua moglie, lui guida alpina e membro del soccorso alpino ha perso un appiglio ed è volato per diversi metri. Pesante la diagnosi: parziale paraplegia. «All’inizio non sapevo esattamente cosa avrebbe significato per me. Una cosa però mi era chiara: nulla sarebbe più stato come prima».

La lesione riportata alla colonna l’ha costretto ad abbandonare l’alpinismo, ma si è appassionato allo sci da fondo: primo corso in Val Casies, poi il passaggio all’agonismo dopo l’incontro con gli atleti della nazionale italiana disabili che si preparavano per Albertville. Il suo regno di allenamento invernale, le piste di Slingia, vicino a casa.

«Ho gareggiato - racconta con orgoglio Ruepp molto conosciuto negli ambienti sportivi altoatesini e non solo perché partecipa anche a molte competizioni locali - ai Giochi invernali di Lillehammer, Nagano, Salt Lake City e Vancouver. A Torino 2006 non ho potuto esserci perché mi ero rotto una gamba». Conserva in bacheca le medaglie a cinque cerchi: due ori e un argento nel fondo, un bronzo nel biathlon, l’unico conquistato dall’Italia alle Paralimpiadi.

«C’ero anche ad Atene nel 2004 dove ho gareggiato nell’handbike. Sono state esperienze fantastiche. Anche perché almeno ogni quattro anni si parla di noi: sono i giornalisti ad inseguirci e non viceversa».

Sledge hockey. Per le Paralimpiadi invernali di Torino 2006 è stata creata la squadra nazionale di sledge hockey. Tra i promotori di quell’esaltante avventura anche Markus Kompatscher: il presidente del Gruppo sportivo disabili aveva 10 anni quando la sua bici è stata investita da un’auto. I medici non avevano avuto alternative: erano stati costretti ad amputargli una gamba. «Non mi sono mia arreso - racconta - e praticare sport, nel corso degli anni, è diventato per me il modo migliore per stare bene a livello sia fisico che mentale». L’esperienza paralimpica di sei anni fa ha portato alla nascita di tre squadre di sledge hockey (ne fanno parte amputati, paraplegici e persone che soffrono di spina bifida): ci sono le Aquile altoatesine, l’Armata Brancaleone di Varese e i Tori Seduti piemontesi. «Lo scorso anno la nazionale italiana - dice Kompatscher - si è laureata campione europeo». Sull’esempio dei grandi a Caldaro è nata una squadra di sledge hockey di bambini.

«Lo sport - assicura - è importantissimo per uscire dall’isolamento in cui si rischia di precipitare quando si è costretti a fare i conti con un handicap. Oltre all’aspetto psicologico c’è quello fisico: spostarsi anche solo da una sedia a rotelle alla macchina diventa un incubo per chi non lavora quotidianamente per rafforzare la muscolatura».

Ciechi. Grandi atleti anche tra i ciechi che in inverno si allenano sulle piste del Lavazè e dell’Alpe di Siusi. Il gruppo sportivo dell’associazione ha una cinquantina d’iscritti: il presidente Franz Gatscher ha gareggiato nel fondo alle Paralimpiadi di Torino e nel 1992 a quelle estive di Barcellona nello judo.

Per gli atleti trapiantati non ci sono né Olimpiadi né Paralimpiadi, ma vanno fortissimo anche loro. In Alto Adige, nel 1990, è nato il Transplant Sport Club, il primo gruppo sportivo per trapiantati d’Italia. Presidente Michael Prenner di Ora: insegna all’Iti di lingua tedesca Max Valier di Bolzano e in bici è un missile nonostante i due trapianti di rene. Il gruppo altoatesino formato da 7 atleti - Georg Thurner, Renzo Demattè, Monika Hofer, Theresia Braun, Enzo Borsoi, Arnold Obexer, Michael Prenner - che ha partecipato alle gare di atletica, nuoto, ciclismo, è appena rientrato dagli Europei di Zagabria con un bottino di otto ori, due argenti e quattro bronzi.

Trapiantati. Borsoi, bolzanino, 48 anni,custode alle scuole medie Foscolo di via Novacella, si è allenato tutta l’estate nella piscina di Termeno: «Ho scelto quella perché ha una vasca di 50 metri e apre alle 9. Tutte le mattine andavo e tornavo in bicicletta».

È soddisfatto dei risultati ottenuti a Zagabria: secondo nei 50 delfino, quinto nei 400 stile libero. Ma è ancora più contento di essere tornato alle gare dopo 15 anni di forzata assenza. «Nel 1993, dopo il primo trapianto di rene, avevo partecipato ai mondiali di Vancouver; nel 1995 ero a Manchester e nel 1997 a Sidney. Poi c’è stato il rigetto ed è cominciato il calvario: di nuovo dialisi, poi un nuovo trapianto e una necrosi che mi ha costretto a letto per mesi. Alla fine pesavo 40 chili in più». L’inverno scorso la voglia di ricominciare: alle 6.45 era nella piscina di viale Trieste, poi al lavoro. «Tornare in acqua per me è stato come rinascere. Il prossimo anno voglio essere ai mondiali in Sudafrica».

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