«Sono nell’età buona, adesso voglio togliermi le giuste soddisfazioni» 

Il ventisettenne fondista di Mezzano si racconta fra la reclusione forzata e i prossimi obiettivi «Ho sempre lavorato bene, ho seminato tanto. Ora bisogna raccogliere». A partire dai Mondiali



Mezzano. Contribuire a riportare la staffetta italiana sul podio, magari ai Mondiali di Oberstdorf del prossimo inverno, e ritrovare il giusto passo in tecnica libera, che nell’ultimo inverno lo ha privato di un piazzamento di prestigio nelle sue gare preferite, quelle a inseguimento. Sono i prossimi obiettivi del fondista trentino Giandomenico Salvadori, che al pari dei colleghi ha ripreso ad allenarsi all’aria aperta la scorsa settimana ed è pronto a ripartire con entusiasmo, conscio che per lui – ventisettenne – è arrivato il momento di raccogliere quanto seminato. Ne parliamo con lui.

Il Covid19 ha colpito le discipline della neve in maniera più marginale rispetto ad altri sport...

«Abbiamo perso due settimane di gare, la trasferta in Canada e le ultime prove dei campionati italiani – spiega Salvadori, che vive a Mezzano ed è tesserato per le Fiamme Gialle -. Siamo riusciti a fare quasi tutto».

In quel “tutto” ci sono anche dei buoni piazzamenti per Salvadori, che ha brillato in tecnica classica, meno in skating. Tra i migliori risultati ci sono il 17esimo posto nella 15 km in alternato a Lahti, dove il primierotto ha sfiorato il podio in staffetta. Giandomenico ha chiuso l’inverno con la 50 km di Holmenkollen, a porte chiuse, 30esimo e unico degli italiani a entrare in zona punti.

«È stata una gara surreale – spiega Salvadori –. L’avevo disputata anche l’anno prima, con una marea di gente sul percorso già dal giorno precedente. Senza pubblico perde tanto, tantissimo».

Come ha vissuto il periodo di lockdown?

«È stata abbastanza dura, soprattutto per uno come me, abituato a stare all’aria aperta e a fare mille attività. Ho pedalato sui rulli e fatto un po’ di forza. Non ho una palestra in casa, ma qualcosa sono riuscito a fare».

Ora come si sta allenando?

«Skiroll, corsa e soprattutto bici. Più mountain bike che bici da corsa: da noi è preferibile, sia per la varietà e la bellezza dei percorsi che per l’impossibilità di sconfinare in Veneto. Dovrei spostarmi verso la Val di Fiemme».

Facciamo un passo indietro: qual è il suo bilancio dell’ultima stagione agonistica?

«Positivo per le gare in tecnica classica, non per quelle in skating. Dalla prova a inseguimento del Tour de Ski disputata a Dobbiaco, a inizio gennaio, sono sempre entrato in zona punti nelle gare in alternato. In tecnica libera, invece, ho faticato molto e non mi so spiegare il perché. Non sono riuscito a cavare dal cilindro una gara che fosse una. E pensare che fino a qualche anno fa andavo più forte in skating che in classico».

Non ha trovato alcuna spiegazione?

«Sinceramente no. Non sono riuscito a esprimermi, a sfruttare il mio motore. Mi sembrava di andare al 70-80% delle mie possibilità. Avevo mal di gambe. Lo scarso rendimento in skating mi ha sempre costretto a rincorrere nelle gare a inseguimento, mi ha tolto i 20 secondi che mi avrebbero permesso di essere più avanti in classifica».

Qualche bel risultato è comunque arrivato, sia individuale che di squadra. Su tutti il quarto posto in staffetta a Lahti, ad appena 2” dai vincitori (i norvegesi) e a 8 decimi dal podio.

«Un vero peccato. Alla vigilia della gara avremmo messo la firma su un quinto posto. All’arrivo, invece, c’è stata un po’ di delusione. Dei quattro componenti del quartetto solo De Fabiani era già salito sul podio in Coppa del Mondo. Per me, così come per Gardener e Zelger, sarebbe stata la prima volta. Un po’ brucia».

Ma ha nuova consapevolezza...

«Sappiamo di essere una squadra forte, ma in staffetta si gareggia in quattro e tutti devono andare forte. Purtroppo non siamo mai riusciti a tirar fuori il massimo, ma sono convinto che i risultati arriveranno».

Perché non ai Mondiali di Oberstdorf, in programma nel prossimo inverno?

«Sarebbe bello. Ho visto le nuove piste iridate e sono veramente toste, forse le più dure su cui abbia gareggiato».

In ottica Mondiali, su che gara vorrebbe concentrarsi?

«La mia preferita è lo skiathlon, nella speranza di tornare ad avere un buon rendimento in skating. Vorrei puntare anche sulla 50 chilometri. Mi piacciono le gare sull’uomo, riesco a esprimermi meglio».

A 27 anni compiuti ha raggiunto la maturità fisica e sportiva?

«Sono nell’età buona. Nelle prossime due-tre stagioni voglio togliermi quelle giuste soddisfazioni che, finora, mi sono mancate. Ho sempre lavorato bene, ho seminato tanto. Ora bisogna raccogliere».

Sa già quando potrete tornare ad allenarvi con la squadra azzurra?

«I primi raduni saranno in caserma con il Gruppo sportivo delle Fiamme Gialle. Da giugno sarebbe importante potersi allenare con i compagni di Nazionale, per vedere a che punto siamo. Il confronto aiuta sempre».

Negli ultimi anni lo sci di fondo ha fatto segnare un netto calo nel numero dei praticanti, in primis tra i giovani. Perché secondo lei?

«Non darei la colpa solo ai ragazzi, dicendo che non hanno voglia di far fatica. Il problema per me è la scuola, che non aiuta come dovrebbe chi fa sport. Non basta dire che lo sport è importante, non bastano gli ski college. Lo sport è salute, è socialità, è crescita, è educazione al sacrificio. È una parte fondamentale nel percorso di formazione e maturazione di un ragazzo». L.F.

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