Zermiani, il re del microfono in pista

Il telecronista di Formula Uno più celebre e «invadente» di tutti i tempi. Grande amico di Senna, Piquet e Alboreto


di Daniela Mimmi


di Daniela Mimmi

Ezio Zermiani è il personaggio perfetto per questa pagina perchè lui, la Domenica Sportiva, l’ha fatta per davvero. Dalla redazione Rai di Bolzano nel 1978 passò al GR1 di Sergio Zavoli e poi, molto velocemente, alla Domenica Sportiva, occupandosi soprattutto di motori, la sua grande passione. Non inventò un nuovo genere di giornalismo, ma fece quello che nessuno aveva fatto prima di lui: si infilava nei box e poi, veloce come un gatto, saltava le transenne e piazzava il suo microfono in faccia ai piloti che stavano per partire. “Erano altri tempi - dice - oggi tutto questo sarebbe impossibile. Ci sono delle tali misure di sicurezza! Io ho avuto sempre un bellissimo rapporto con i piloti, soprattutto con Nelson Piquet ad Ayrton Senna fino a Michael Schumacher. Erano loro che mi facevano un cenno con la testa e io correvo e avevo le loro ultime dichiarazioni prima del semaforo verde”. Nel 2000 è diventato capo della redazione sportiva della sede di Milano e, nel 2004, il promotore della costituzione della "redazione motori" di Raisport. In teoria è andato in pensione nel 2006, in pratica non ha mai smesso di lavorare e di correre come una trottola impazzita. Dal 2007 al 2009 è stato direttore dell'Autodromo di Imola, è stato ospite in alcune trasmissioni televisive, come Dribbling su Raidue e Numero 1 (rubrica da lui ideata nel 2000) dopo il Gran Premio di Montecarlo. Adesso è il presidente della gara automobilista Bolzano-Mendola e ha appena festeggiato la vendita della milionesima copia dei cofanetti di dvd con la storia della formula uno dal 1951 fino a oggi, realizzata per Gazzetta dello Sport e Rai. Zermiani, bolzanino di nascita, dopo aver seguito la Moto GP, i rally e la F1 in tutto il mondo, adesso è tornato nella sua città. Abita a Gries, dalla finestra del suo studio si vede il Catinaccio. Le pareti sono occupate dalle tante foto fatte sui circuiti di tutto il mondo e accanto ai più grandi campioni c’è quella con la dedica di Enzo Ferrari, quelle con Gianni Agnelli, con Bernie Eccleston e Flavio Briatore. Tutti i ripiani sono occupati da modellini di macchine. La collezione prosegue nella sua casa di Fié, dove ogni tanto va a rinchiudersi. Tra le tante foto che riempiono la sua scrivania ce n’è una decisamente divertente in cui si vede Andrea De Cesaris che spinge la sua macchina che non vuole partire e Zermiani lì accanto con il suo immancabile microfono in mano. “Mi ha solo detto: “Invece di farmi tante domande, potresti aiutarmi a spingere”” ci spiega Zermiani.

Quando è nata la sua grande passione per i motori?

“Penso di averla sempre avuta. Infatti mi ero iscritto a ingegneria a Bologna. Poi sono entrato nella redazione Rai di Bolzano e lì mi occupavo soprattutto di cronaca nera. Ho imparato lì a buttarmi nella mischia, a essere sempre sul posto, essere in strada a investigare piuttosto che in redazione”.

Come è passato ai motori? “Quando sono andato a lavorare a Milano, la mia redazione era sullo stesso piano di quella di Tito Stagno che dirigeva la domenica sportiva. Ho preparato un servizio con grosse accuse all’organizzazione del Moto GP a Salisburgo. C’era Graziano Rossi, il padre di Valentino. Il mio amico Leo Gurschler mi venne a prendere con l’elicottero sul tetto della sede Rai di Bolzano, volammo a Salisburgo, tornammo velocemente in sede e realizzai il servizio con Vittorio Longati e Ennio Chiodi che metteva su i dischi. Allora non era semplice e veloce come adesso: le pellicole andavano sviluppate, tagliate, bisognava montare il pezzo e poi trasmetterlo a Roma via ponti. Comunque grazie a quel servizio entrai alla Domenica Sportiva. Dopo la moto, sono passato ai rally e nel 1982 alla F1, in sostituzione di Beppe Viola”.

Quali sono stati i momenti più brutti nella sua carriera? “La morte dei miei amici piloti. Allora morivano in tanti. Un paio di volte ho avuto la tentazione di mollare tutto. Una volta è stato quando è morto Ayrton Senna, a Imola, nel 1994, e l’altra quando è morto Alboreto, durante le prove della 24 Ore di Le Mans, nel 2001. Un paio di anni fa, durante il 20° anniversario della morte di Senna, ho organizzato il Senna Tribute a Imola: c’erano 54 mila persone e 31 reti televisive. E’ molto difficile che un giornalista diventi amico di un pilota, ma io ci ero riuscito. Ad esempio, quando Lauda bisticciò con la Ferrari e disse che mai più avrebbe rilasciato una sola intervista a un giornalista italiano, a me invece la rilasciò. Quando gli altri giornalisti si arrabbiarono, lui disse: “Ma Zermiani non è italiano, è sudtirolese”. Allora comandavano i piloti, decidevano loro chi poteva stare ai box, chi poteva entrare nella griglia di partenza”.

E la maggiore delusione professionale?

“E’ stato quando Karol Woytila, diventato Papa da poco, era il 1979, venne sulla Marmolada. Ci siamo trovati insieme, alla stazione a monte della funivia. Abbiamo parlato a lungo e alla fine lui mi ha detto: “Se facessi una discesa a valle con i maestri di sci, di certo non arriverei ultimo!”. Quel servizio, che doveva aprire il TG non è mai stato trasmesso, nè registrato”.

Lei ha fatto scoprire a molti piloti le nostre montagne, vero?

“Sì, moltissimi. Molti non sapevano neppure cosa fossero le Dolomiti. Alonso l’ho portato io in Val Gardena e lui continua a venirci ogni anno. Ho portato qui a sciare il pilota di rally Walter Rohrl, il pilota austriaco Gerhard Berger, Clay Regazzoni, Patrese, Nannini, Alboreto”.













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