A San Leucio dove il re Borbone "inventò" il... comunismo



Le vicende private dei sovrani non mi hanno mai appassionato più di tanto. Tuttavia un re, napoletano, mi è particolarmente simpatico. Si tratta del Borbone Ferdinando IV divenuto poi anche re delle Due Sicilie con nome di Ferdinando II. Va detto subito che Ferdinando fu un personaggio che la Storia ufficiale ha tentato in ogni modo di denigrare e, letteralmente, di “sbianchettare”. Ad iniziare dalla moglie, l’asburgica Maria Carolina figlia della grande imperatrice Maria Teresa e sorella di quella Maia Antonietta finita sulla ghigliottina a Parigi.

Ferdinando IV era nato a Napoli a metà del Settecento. Era il figlio terzogenito del potentissimo sovrano spagnolo Carlo III, quello che commissionò al Vanvitelli l’ineguagliabile Reggia di Caserta. Non essendo destinato alla successione il piccolo Ferdinando non imparò mai il francese, la lingua delle corti europee. Parlava solo il napoletano. Anzi, lo slang dei “lazzaroni” come al tempo venivano definiti gli scugnizzi indigenti vestiti di soli stracci. Malgrado la sua “educazione popolana” – lontanissima da quella di chi, come la madre, lo voleva cardinale in prospettiva papale – il giovane Ferdinando a soli nove anni si ritrovò, inaspettatamente, essere l’ erede al trono. Ma di fare il re non gli importava proprio nulla. Appena maggiorenne poter regnare gli fu, però, imposto un matrimonio. Sposò così, per procura, la sedicenne viennese Maria Carlotta che, una volta a Napoli, assunse le redini del potere in maniera quasi esclusiva (coadiuvata anche dai suoi non pochi amanti).

Agli affari di corte Ferdinando IV continuava a preferire il divertirsi con le donzelle e con le dame di corte che facevano a gara per poter condividere i suoi “scherzi”, ma anche a tenersi aggiornato sulle nuove idee illuministiche. Fu comunque un uomo colto, un intellettuale curioso e attento ai bisogni dei “lazzaroni” e della società, nonché grande amante della bellezza. In sintesi: uno spirito libero.

E, proprio in virtù del suo essere controcorrente - ispirato anche dai dettami sociali dell’amico Gaetano Filangeri - fece realizzare, non lontano dalla reggia “di famiglia” di Caserta sulle pendici del borgo di San Leucio, una dimora tutta sua. Lì, concepì la creazione di una città ideale: Ferdinandopoli. Un suo ambizioso “sogno” dove potesse vivere a “tu per tu” con i suoi sudditi. Accanto al nuovo palazzo anche fece costruire una fabbrica: una seteria che potesse dare lavoro e produrre i tessuti più belli e pregiati mai prodotti fino ad allora. Le sete di S. Leucio, infatti, benché sconosciute rispetto a quelle di altre manifatture, diventarono ambitissime e arrichiscono ancor oggi i palazzi più prestigiosi del mondo.

Per realizzare la sua “città ideale” Ferdinando IV stipulò un autentico “manifesto”. Nei sette punti del suo utopico editto del 1789 si legge tra l’altro: “Spirito ed anima della società di San Leucio è l’uguaglianza. Il solo merito distingue tra loro i suoi abitanti. Perfetta uguaglianza nel vestire e assoluto divieto del lusso. I matrimoni saranno celebrati con una festa religiosa e civile. La scelta sarà libera da parte dei giovani e non potrà essere contraddetta dai genitori degli sposi. Tra i coloni sono abolite le doti. Io, re, darò la casa con gli arredi e gli aiuti necessari a tutte le nuove famiglia. I figli maschi e femmine succedono in parti uguali ai genitori. Le esequie semplici e senz’alcuna distinzione saranno fatte dal parroco a spese della Real casa. Tutti i fanciulli e tutte le fanciulle impareranno a scuola il leggere, lo scrivere, i doveri e le arti. Viene istituito un fondo comune per gli orfani e una cassa di previdenza per gli indigenti”.

Le linee guida dell’editto di re Ferdinando IV per realizzare la sua società “ideale” anticipavano, di fatto, di ben mezzo secolo, le idee egualitarie concepite dei padri storici del comunismo. Inutile dire che il re visionario venne fortemente contestato (e scomunicato) tanto da vanir anche spregiativamente (e ingiustamente) bollato come il “re Nasone” o “re Lazzarone”.

Oggi il capolavoro che attira i visitatori al Belvedere di S. Leucio (sito patrimonio Unesco) è però la splendida sala da bagno che l’ambiziosissima Maria Carolina d’Austria volle per sé a palazzo. Si tratta di una enorme piscina in marmo a più gradoni al centro di una sala affrescata dal rinomato pittore prussiano Philipp Hackert. Si tratta di un’autentica “meraviglia” scoperta per caso durante dei lavori nel 1979. La stupefacente sala da bagno di Maria Carolina è però, di fatto, invisitabile. È chiusa da tempo (e “sine die”) per restauro!

 













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