Benito Mussolini e Walther von der Vogelweide
Il bianco monumento a Walther von der Vogelweide, che abbellisce la principale piazza della nostra città, è stato inaugurato nel settembre del 1889
Il bianco monumento a Walther von der Vogelweide, che abbellisce la principale piazza della nostra città, è stato inaugurato nel settembre del 1889, quale risposta tedesca alla provocazione italiana messo in atto nella pur asburgica Trento con il monumento a Dante. La cerimonia inaugurale fu un trionfo, con cori, bande, Schützen, grande folla e la presenza di Heinrich von Österreich (che peraltro risiedeva nel vicinissimo palazzo Menz).
Terminata la Grande Guerra la presenza di Walther nella principale piazza di Bolzano apparve però ingombrante ai nazionalisti italiani. Si parlò di rimuoverlo, disse la sua anche il ministro bavarese Stresemann (ovviamente ostile alla rimozione) al punto che sul tema intervenne Mussolini, presidente della Camera dei Deputati, e il “Piccolo Posto”, unico giornale di lingua italiana che si stampava in Alto Adige (un bisettimanale) il 10 febbraio del 1926 così scrisse.
Riferiamo parola per parola: «Si è mentito quando si è parlato di una rimozione del monumento a Walther von der Vogelweide, che sorge in una delle piazze di Bolzano. Noi, rispettosi della poesia anche quando è mediocre (ilarità), noi, che non possiamo accettare l’antitesi fra Dante e Walther von der Vogelweide (nuova ilarità), perché equivarrebbe a stabilire una possibilità di comparazione fra il Pincio e l'Himalaya, noi lasceremo intatta la statua di questo vecchio troviero germanico; ma in una piazza di Bolzano, per sottoscrizione del popolo italiano, sulle stesse fondamenta sulle quali doveva sorgere il monumento della vittoria tedesca, erigeremo un monumento a Cesare Battisti (vivissime approvazioni, calorosi applausi: l'assemblea e le tribune si levano in piedi e improvvisano una vibrante dimostrazione alla memoria del martire trentino) ed ai martiri che, col loro sangue e col loro sacrificio, hanno scritto per l'Alto Adige la parola definitiva della nostra storia. (…) Comunque io debbo dire con assoluta precisione che la politica italiana nell’Alto Adige non defletterà di una linea (vivi applausi). Vi applicheremo metodicamente ed onestamente, con quel metodo e con quella tenacia che devono costituire lo stile fascista, tutte le nostre leggi, quelle votate e quelle che voterete (vivi applausi). Faremo diventare italiana quella regione, perché è italiana (nuovi applausi), italiana geograficamente ed italiana storicamente. Veramente, del confine del Brennero ben si può dire che è un confine segnato dalla mano infallibile di Dio (…)».
In realtà qualche anno dopo il monumento a Walther fu effettivamente rimosso e trasferito nel parco Rosegger, in prossimità di ponte Druso, mentre il monumento “italiano” fu costruito dove sotto l’Austria erano iniziati i lavori per un monumento che ricordasse ai caduti “tedeschi”. Venne eretto cioè l’arco di Piacentini che conosciamo tutti, con i suoi fasci (Monumento alla Vittoria) e non vi apparve alcun ricordo di Cesare Battisti, tolta un’erma, insieme a quelle di Fabio Filzi e Damiano Chiesa, altri irredentisti giustiziati dagli austriaci. Vi si era opposta la stessa vedova di Battisti, Ernestina Bittanti, che non volle che il nome di suo marito, irredentista socialista, fosse strumentalizzato dal fascismo.
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