LA STORIA

Ciclone Papadam, l’uomo che pulisce le strade di Bolzano correndo 

Diop ha iniziato da solo, ora sono in 50: operai, runner e giovani  richiedenti asilo. «È un modo per ringraziare la nostra città». Il plogging unisce sport e senso civico


di Luca Fregona


BOLZANO. Fare jogging ripulendo le strade dai rifiuti. L’appuntamento è per sabato 17 novembre alle 10 in piazza Bersaglio. L’idea è di Papadam Diop, 50 anni, cittadino italiano originario del Senegal, operaio Iveco, delegato sindacale Uil, ma, soprattutto, grande sportivo. È stato un nazionale di karate e L’IDEA, appunto, gli è venuta un anno fa quando si è trovato con un polso rotto. «L’unica cosa che potevo fare - racconta - era correre. Ma correre e basta mi annoiava. E poi ero stanco della routine, del ritmo monotono lavoro-casa. Volevo fare qualcosa anche per la mia città, Bolzano. Qualcosa di concreto. Ho avuto tanto dall’Italia, sentivo di dover ricambiare in qualche modo». E allora? «Allora una mattina esco di casa in Viale Europa ma con dei sacchetti neri in mano, di quelli per l’immondizia...». E...? «Inizio a raccogliere tutti i rifiuti che trovo per strada. Plastica, cartacce, lattine. Prima lungo i marciapiedi, poi sul Talvera per la classica sgambata sui prati. E ogni volta che mi fermo a raccattare immondizia, faccio anche degli esercizi. Chessò, un paio di flessioni, addominali, allungamenti, e via così». Quel giorno Diop raccoglie due sacconi di spazzatura che finiscono nei cassonetti.

Lui ancora non lo sa, ma questa pratica, i soliti noiosi ambientalisti svedesi, l’avevano già “omologata”. Si chiama “plogging”. Un mix tra “plocka upp” (“raccogliere” in svedese) e “running”, correre. Poco male, pensa Diop, io la faccio alla afro-bolzanina. Ci prende gusto: fa la sua corsa ecologica un paio di volte al mese. Ma non da solo. Prima coinvolge i compagni dell’Iveco. Poi dei richiedenti asilo che vede svaccati sulle panchine. «Sono giovani pieni di forze ed energia, e non possono fare niente - spiega -. È assurdo. Chiaro che la gente poi li guardi storto, come un pericolo. Lasciati così rischiano di diventare davvero una bomba sociale».

Specialmente di questi tempi con Salvini al governo. «Esatto, l’aria si è fatta pesante per chi ha la pelle nera. Ma sono dei ragazzi come potevo esserlo io vent’anni fa appena arrivato in Italia. Vogliono lavorare, inserirsi, vivere tranquilli. Hanno bisogno di una possibilità. Di non sentirsi inutili. È anche una questione di dignità. Ho detto loro, datevi una mossa. Non potete lavorare? Venite con me a ripulire la città». Insomma: Diop mette insieme operai che votano Lega, salutisti ossessionati dalla forma fisica e migranti stufi di restare in piazza Verdi a farsi insultare. Oggi, due volte al mese, si ritrovano in 50. E sembra di essere alla gita del dopolavoro. Pacche sulle spalle, massimo rispetto e collaborazione. E poi via a tirare a lucido piazze, vicoli e giardini. Le strade più zozze? «Senza dubbio via Cagliari e certe zone di Don Bosco ed Europa. Il problema sono i rifiuti abbandonati alle isole ecologiche che si spargono come sabbia sulla spiaggia. Non si scherza neanche sui Prati del Talvera e sul Lungo Isarco. La gente lascia di tutto».

Ma la storia non finisce qua. Sei mesi fa l’indomabile Diop, va dritto da Caramaschi. «Sindaco - gli dice -, perché non mi dà una mano mettendo a disposizione i sacchi, e magari la Seab che poi porta via tutta la monnezza? Perché sa, ormai siamo in tanti, e io non ce la faccio più a caricarmi tutta quella roba da solo fino all'inceneritore». Caramaschi si picca: «Non è possibile che sulle mie strade ci sia tutto quello sporco!». Ma poi vede le foto sul cellulare di Diop, tira due moccoli “alla Caramaschi” e chiama la Seab: «Date a questo signore tutto quello che gli serve». Morale: dal giugno scorso l’iniziativa è sostenuta da Comune e Seab. La Seab fornisce sacchi, guanti, magliette e punzoni. E poi, alla fine della “gara”, porta via i rifiuti. Perché vince non chi arriva primo ma chi ne raccoglie di più.

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Chi è: IL CAMPIONE INNAMORATO DI BOLZANO

Campione di karate con la nazionale senegalese (ha partecipato a due mondiali e vinto tre volte il titolo nazionale), Papa Dame Diop ha le arti marziali nel sangue. «È una tradizione di famiglia, Avevamo una palestra. Ho due fratelli e due sorelle cintura nera. Le ragazze, soprattutto, è meglio non farle arrabbiare...». Quando arriva in Italia nel 2001 dopo aver girato tutta Europa, è un clandestino. «Ho vissuto come un fantasma per due anni, poi sono riuscito e mettermi in regola». Nel 2004 inizia a lavorare come interinale all’Iveco di Brescia. A Brescia è anche istruttore alla «Leonessa», storica società di arti marziali lombarda, con cui colleziona una serie impressionante di titoli Master. L’Iveco intanto lo assume a tempo pieno. Mentre tutto sembra girare bene, nel 2008 arriva la crisi. L’azienda dice: «Non vi licenzio ma dovete andare nello stabilimento di Bolzano. Chi ci sta?». Diop non ci pensa due volte. «Arrivo dall’Africa, figurati cosa mi importa di spostarmi di 200 chilometri». Nel 2016 finalmente ottiene la cittadinanza italiana. «Appartengo a due Paesi, ma quando vado in Senegal, già dopo due settimane ho nostalgia di Bolzano. La mia vita ora è qui».

 

 













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