Gli "iceberg" che galleggiano tra le dune del deserto libico
Una volta scavallato l’angusto valico di Al Jalab che si apre tra due scoscese pareti di roccia arenaria bruciata dal sole si dischiude davanti agli occhi una visione irreale. Si è di fronte ad panorama di una bellezza superba: una scenografia spettacolare e inaspettata. Un autentico coupe de teatre unico al mondo. Per qualche attimo si resta immobili, folgorati e ammutoliti nell’ammirazione di un autentico “miracolo della natura”. Unica reazione: restare a bocca aperta, lasciarsi andare ad uno scontato “incredibile” e ringraziare per poter godere di una bellezza talmente maestosa che nemmeno la più fantasiosa mente del più celebre illustratore fantasy sarebbe mai in grado di concepire.
Il Sahara, il deserto per eccellenza, si sa, è un universo che riserva sorprese inattese ben al di là della vulgata che lo descrive come un monotono e noioso mare di sabbia intervallato da qualche oasi con le immancabili palme e i suoi cammelli-dromedari. Niente di più scontato.
Il deserto libico si raggiunge dopo un viaggio di quasi sette ore dal Cairo ed è noto localmente come “al Sahra el Beyda”, il deserto bianco. Dopo essere saliti a bordo di un fuoristrada 4x4 nella grande oasi di Bahayria si attraversa il “deserto nero” fin quasi a raggiungere l’oasi di Farafra. E lì che si incontra e ci si tuffa nel deserto bianco che deve il suo nome, ovviamente, al colore dominante che lo caratterizza da centinaia di millenni: il bianco calce.
L’ocra e l’oro della sabbia diventano complementari, accessori al bianco-neve (o, come alcuni preferiscono, al bianco-gesso) che lo caratterizza. Bianche sono le montagne e le surreali formazioni gibbose che si estendono per decine e decine di chilometri. Bianche sono le distese di sale frutto dell’evaporazione dei laghi di acqua fossile che stagionalmente riaffiorano tra le sabbie del deserto. Bianca è anche la pelliccia dell’abitante notturno più celebre del White Desert: il fennec, l’imprendibile volpe del deserto.
Descrivere le fantastiche strutture di gesso che il vento del deserto, il khamsin, ha creato erodendole inesorabilmente per secoli, non è facile. Meglio immaginare l’impossibile. Un impossibile che però diventa realtà. Siamo nel deserto degli “effetti speciali”: dove per un attimo, più che essere approdati su un altro pianeta, si pensa di essere finiti in mezzo a una distesa di surreali iceberg di ghiaccio. Iceberg che - nelle notti illuminate della Via Lattea e da una volta in cui milioni di stelle che riverberano il loro pallore su una distesa abbacinante - pare galleggino in un oceano infinito che si estende tutto attorno a voi. Sogno o allucinazione?
L’accesso al Withe Desert è regolamentato. Da tempo è Parco nazionale, perla del patrimonio naturalistico e ambientale egiziano. Ci si può pernottare – in tendina e sfidando ai rigori della notte sahariana - ma non liberamente. Il campeggio selvaggio è giustamente vietato per non profanare un luogo meraviglioso regalatoci da millenari “cambiamenti climatici”. Camminando in quell’irreale foresta di sculture di gesso è bello “inciampare” in splendide conchiglie fossili che affiorano ovunque a testimonianza della presenza, molti milioni di anni fa, di una ricchissima e abbondante vita marina.
Tra tutti i deserti – e personalmente ho avuto la fortuna di aver messo piede, occhi e anima in parecchi di loro – è questo il deserto più spettacolare e più “dolce” in virtù anche del suo straordinario colore di zucchero filato. Nello stesso tempo però è anche il più misterioso che abbia mai visto. Mi piace immaginare che il mitico re Cambise (quello che si narra sia scomparso assieme a tutta la sua armata inghiottito tra le sabbie del deserto proprio in quei paraggi) sia rimasto stregato dalla fatale attrazione magica di quel deserto bianco tanto insolito quanto capace di sconfinare dalla realtà. A rammentare la fine misteriosa del re persiano (divenuto anche faraone) e del suo potente esercito sono proprio quelli stessi pinnacoli calcinati, quasi spettri erranti, che popolano l’intero Withe Desert. Cambise è forse rimasto vittima, tra quelle sabbie, di un incantesimo? Chissà.