I piccoli bulli che Bolzano non sa salvare



«Non puoi salvarli tutti, fu il commento di un collega. Entrambi sapevamo che ci devi provare lo stesso». È una frase di Luca D’Andrea. Insegnante. Bolzanino. Ora scrittore a tempo pieno, grazie al clamoroso successo internazionale del suo primo libro: «La sostanza del male». Una frase che D’Andrea ha scritto sulla Stampa di ieri, cercando di raccontare i ragazzi perduti di Bolzano, quelli di cui abbiamo iniziato a scrivere esattamente un anno fa, quelli che i giornali nazionali scoprono dopo aver letto i dati allarmanti dell’Osservatorio sull’adolescenza: i bulli di Bolzano hanno tra gli 11 e i 16 anni, molti sono immigrati di seconda generazione. Tra loro ci sono anche ragazzine che per spavalderia, aggressività e spirito d’emulazione non hanno davvero nulla da invidiare ai colleghi maschi. Si sono dati anche un nome. Che hanno lasciato più volte sui muri della città, dopo aver sfasciato qualcosa, dopo aver minacciato o picchiato qualcuno, dopo aver ricevuto l’ennesima denuncia: «Baby-gang Vintola».
«Non c’è niente di più pericoloso - scrive ancora D’Andrea - della sensazione di immortalità e impunità che si ha quando non si è più bambini ma non si è ancora uomini. Sono pericolosi perché suscitano emozioni facili e definitive in una società che, per citare Primo Levi, ama nascondere i propri scheletri negli armadi altrui».
In Italia i ragazzini segnalati per violenza e bullismo, nel 2016, sono stati 19.516 (4.917, lo scrivo subito, anche per evitare le consuete letture distorte, di origini straniere). A Bolzano, secondo le statistiche, sono 180. Un’enormità. Per D’Andrea c’è e c’è sempre stata una sola barriera fra noi e la barbarie: la scuola. Un tempo gli avrei dato torto, sostenendo che prima c’è la famiglia. Ma i dati (basta rileggere le parole di Antonella Fava, capo della procura dei minori) dicono che anche qui, come scriverebbe Mauro Corona, ci sono molti orfani di genitori viventi. Ma in una città come questa forse è ancora possibile cercare delle risposte. Non per lavarsi la coscienza. Per salvare almeno uno di questi giovani.













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