Abiti usati, il primo centro a Egna 

È gestito da Revitatex: dà lavoro a 25 persone, 15 socialmente svantaggiate. «Una chance di riscatto»


di Alan Conti


EGNA. Che fine fanno i vestiti vecchi che infiliamo nei cassonetti della Caritas? Una domanda che è diventata sempre più attuale con le polemiche legate ai frequenti «saccheggi» delle campane e relativa sostituzione. Una prima risposta viene da Egna ed è inserita in un progetto capace di creare lavoro per le categorie più deboli e proteggere l'ambiente. Si chiama Revitatex ed è un centro di smistamento che nasce dal connubio tra la società Renovas e la Caritas di Bolzano e Bressanone. Inaugurato da qualche mese è ormai in piena attività occupandosi di distribuire i vestiti, le scarpe e le borse donate dalla popolazione. Al momento tutto quello che viene conferito nelle campane di Bolzano e della Bassa Atesina confluisce qui grazie al lavoro di 25 persone, 15 socialmente svantaggiate. L'obiettivo è di arrivare a 50 coprendo anche il territorio di Merano e del Burgraviato. La donazione dei vestiti vecchi, dunque, diventa anche una via per sostenere questo lavoro: una beneficenza indiretta ma ugualmente efficace a guardare la mole di lavoro che svolgono queste persone. Pochi attimi di pausa, ritmo sostenuto e grandi quantitativi di vestiti analizzati, selezionati e suddivisi per categoria. Gli indumenti inutilizzabili non vengono buttati, ma trattati in modo da essere inseriti nuovamente nel ciclo produttivo. Diventano materia prima per altro: vestiti, certo, ma anche artigianato. «Il nostro primo obiettivo - spiega Joachim Kerer, presidente della cooperativa sociale Renovas - è creare lavoro per le persone svantaggiate, dare risposte ai bisogni e contribuire a proteggere l'ambiente. Con il Centro di smistamento riusciamo a farlo, ma anche a moltiplicare questa possibilità verso altre piccole aziende con queste caratteristiche». Il lavoro all'interno del centro di smistamento è manuale, accessibile a chiunque senza bisogno di particolari specializzazioni. A seguire tutta la filiera, comunque, ci sono tecnici qualificati nel settore. «Abbiamo creato una collaborazione stretta tra queste due figure professionali che sta funzionando bene», conferma Matthias Spögler del cda di Renovas.

LA FILIERA. Veniamo, però, alla domanda iniziale: che fine fanno i vestiti che doniamo? Anzitutto sono stoccati in grosse gabbie metalliche secondo la provenienza e pesati. Successivamente inizia lo smistamento vero e proprio. Gli addetti Revitatex aprono i sacchetti, disinfettano tutto con uno spray e procedono con l'analisi dividendo i vestiti in cestoni secondo la qualità. Da una parte gli abiti scoloriti, dall'altra i "Tropical" (abiti estivi destinati ad essere rivenduti in Africa) poi ancora i jeans che diventeranno stracci per l'industria pesante, gli indumenti pesanti da indirizzare nell'Europa dell'Est e, infine, la biancheria della casa. Per quanto riguarda il territorio altoatesino ci sono vestiti considerati di prima scelta che vengono selezionati e curati per rientrare nel mercato di seconda mano locale. L'obiettivo è aprire un negozio di "second hand" proprio per questi prodotti. Discorso identico per le scarpe che vengono divise tra paia vendibili come usate e paia da destinare alla trasformazione. Identico destino, infine, per i giocattoli, i peluche, i cuscini e le coperte. «È un progetto meraviglioso - interviene don Eugen Runggaldier - perché non parla solo di ecologia ma anche di dignità sociale. Riusciamo a dare nuova vita agli oggetti innescando un meccanismo di lavoro a catena. E il lavoro è ciò che conferisce valore all'uomo». Chiusura con il direttore di Caritas Paolo Valente. «Noi da anni raccogliamo i vestiti usati come forma di autofinanziamento per i vari servizi attivati sul territorio. Un tempo dovevamo spedirli in Germania, ora rimangono qui. Riduciamo l'impatto ambientale e diamo lavoro a delle persone altoatesine. In questo modo chiudiamo il cerchio rendendolo completo».













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