Animali

Volpe ferita e soppressa: scoppia il caso a Laives

L'episodio sulla statale del Brennero, all'altezza dell'abitato di Pineta. Due donne sono intenzionate a sporgere denuncia contro un guardiacaccia


Linda Baldessarini


LAIVES. L’altro pomeriggio un tam tam social ha portato due donne residenti a Laives, allertate dalla segnalazione della presenza di una giovane volpe ferita, sul ciglio della SS12, all’altezza dell’abitato di Pineta.

Nel tentativo di recuperarla hanno però preferito attendere chi avesse l’autorità per fermare il traffico e agire in sicurezza. «Abbiamo chiamato tutti gli uffici possibili nel tentativo di far arrivare qualcuno per aiutarci. Alla fine è arrivato il guardiacaccia di zona», spiegano le due donne. «Non ho tentato di recuperare la volpe io stessa – aggiunge una – per paura che spaventata potesse correre in strada causando un incidente. Se avessi immaginato il finale della storia lo avrei fatto». Dopo ore trascorse a sperare di riuscire a portare a termine il recupero dell’animale ferito a un’anca, il guardiacaccia ha agito diversamente da come le due autrici della segnalazione si sarebbero aspettate. La donna prosegue: «Ha attraversato la strada, raggiunto la volpe, fatto rumore per stanarla dai cespugli in cui si era rifugiata e una volta individuata le ha schiacciato il collo soffocandola».

Secondo le due donne la volpe non sarebbe stata paralizzata o morente, poiché gli avvistamenti delle ultime ore erano stati su entrambi i lati della statale, segno che la volpe era in grado di camminare. «Non so se potesse essere recuperata, ma penso che non dovesse essere uccisa così», aggiunge la seconda testimone. «Per realizzare quel che era successo ho dovuto riguardarmi il video che avevo girato convinta di riprendere un salvataggio». Le soccorritrici si chiedono quindi se il guardiacaccia abbia agito nell’ambito delle sue competenze, perché, secondo loro, la giovane volpe avrebbe dovuto prima di tutto essere visitata da un veterinario e poi casomai soppressa, se giudicata incurabile, secondo altre modalità. Il video girato sarà consegnato ai carabinieri insieme alla denuncia che le due donne hanno intenzione di presentare. Va detto che curare un selvatico è difficile, e che anche qualora un veterinario ci riuscisse l’abitudine dell’animale all’uomo renderebbe complicato il successivo rilascio in natura.

Amaro anche il maresciallo dei carabinieri in pensione Giancarlo Schiavon, che ha informato di quanto succedeva attraverso il gruppo Facebook che gestisce. «Io ignoro quali siano le disposizioni e le modalità di intervento in questi casi, cerco di non giudicare perché non ne ho diritto, ma non credo che in alcun manuale di intervento rientri l’uso delle scarpe per sopprimere un animale ferito. Poi magari la sorte migliore sarebbe stata comunque la morte, ma una morte non provocata da un piede posto sul suo corpo, fosse anche per immobilizzarla e finirla con un coltello».

Basse aspettative sull’efficacia di una denuncia le esprime però Claudio Calissoni, che fino al 2011 gestiva il recupero e salvataggio della fauna selvatica in provincia: «Va chiarito subito che in Alto Adige non esiste un modo per salvare questi animali da quando due anni fa è stato chiuso il Crab, il Centro per il recupero dell’avifauna e dei piccoli mammiferi selvatici, lasciando il nostro territorio sprovvisto di un servizio essenziale che ogni provincia d’Italia ha. Purtroppo il guardiacaccia non ha fatto altro che rispettare la legge, che nel nostro territorio non dà altra possibilità che sopprimere l’animale. Si interviene in questi casi non tenendo affatto in considerazione che nel momento in cui un animale viene individuato da qualcuno che ne tenti il salvataggio passa da uno status di animale selvatico, appartenente solo alla biologia del territorio, a uno status di animale di affezione, una vita cara alla persona che in quel momento si sta preoccupando di trovare un modo per salvarla. Non si può non tener conto della sensibilità di chi se ne sta prendendo cura, quantomeno facendo visitare l’animale da un veterinario. Sarà casomai il medico a eseguire poi una procedura di eutanasia nel caso le ferite siano troppo gravi o comunque non sia prevista la possibilità di cura, come oggi la nostra legge purtroppo afferma. È intollerabile che nella nostra provincia non si proceda, per volontà politica probabilmente, alla creazione di un servizio assente, ripeto, solo qui».

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