IL CASO

Abusò della figlioletta, condanna a dieci anni 

Al padre orco ridotta la pena in appello. In primo grado aveva raggiunto i 12 anni a fronte dei 20 anni chiesti dal pubblico ministero La piccola aveva il terrore di restare da sola col padre. Una perizia psichiatrica ha definito l’imputato affetto da un «deficit di intelligenza sociale» (nella foto l'avvocato difensore Nicola Nettis)



Bolzano. In primo grado il tribunale lo aveva condannato a 12 anni di reclusione per violenza sessuale aggravata nei confronti della figlioletta che, all’epoca della prima violenza, aveva cinque anni. Ora i giudici della Corte d’appello hanno ridotto la pena di due anni.

Per il padre orco altoateasino (a cui è stata anche revocata la patria potestà) la condanna è stata dunque confermata ma i giudici hanno ritenuto prevalenti alcune attenuanti rilevate dalla difesa. Il padre accusato di abusi sessuali sulla figlioletta è un uomo di mezza età che avrebbe agito per circa tre anni, dal 2009 fino alla fine del 2012. All'epoca dei fatti i genitori della piccola erano già separati perchè l'uomo (che si è sempre dichiarato innocente) non aveva accettato di buon grado la gravidanza della compagna, probabilmente per motivi economici. Una situazione che portò alla crisi irreversibile della coppia. Il tribunale dei minori, chiamato ad occuparsi del caso, stabilì che nei fine settimana la piccola sarebbe rimasta in compagnia del padre.

Secondo l’accusa l'imputato avrebbe approfittato proprio di quelle giornate per abusare della piccola costringendola a toccarlo nelle parti intime e a subire pratiche sessuali.

La madre non si era mai accorta di nulla anche se c'era stato un primo campanello d'allarme quando la piccola fece delle considerazioni sulle parti intime del padre.

Il caso venne a galla in tutta la sua drammaticità nel 2012 quando la bambina iniziò a rifiutare l'incontro con il padre nei fine settimana. La piccola piangeva solo all'idea di passare qualche ora con lui. L'uomo però insisteva per vederla e si rivolse al Tribunale dei minorenni: è in quella sede che emerse una verità sconvolgente. La ragazzina spiegò perché non voleva più stare sola con il papà e raccontò l sua terribile storia.

In occasione del processo d’appello è subentrato in qualità di difensore l’avvocato Nicola Nettis che ha ottenuto una perizia psichiatrica sull’imputato. Secondo la dottoressa Anna Palleschi, perito nominato dalla Corte, l’uomo avrebbe evidenziato qualche problema, non in grado però di scemare le sue capacità di intendere e di volere. A conclusioni ben diverse è giunto il dottor Giuseppe Sartori di Padova, consulente della difesa, secondo il quale l’imputato avrebbe evidenziato un «deficit di intelligenza sociale» (che sarebbe all’origine di comportamenti sociali irrituali). Tramite una speciale risonanza magnetica in zona cerebrale, nel cervello sarebbero anche emersi riscontri neurologici su problemi di carattere mentale che inducono a ritenere l’imputato affetto da infermità mentale (o nella migliore delle ipotesi da semi infermità mentale). Anche i giudici d’appello non hanno però riconosciuto la presunta infermità (parziale o totale) ma hanno comunque ridotto come detto la condanna a 10 anni. MA.BE.

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