Bolzano

Addio a Bruno Marchetti, il fotografo della luce

Si è spento dopo una lunga malattia, vasto il cordoglio nel mondo culturale altoatesino. Era molto noto per i suoi ritratti



BOLZANO. Per le sue ultime fotografie spesso non c'erano titoli. Solo didascalie: coordinate del luogo, latitudine, longitudine, quota rispetto al mare. Come una mappa della solitudine o un diario intimo in cui si poteva ritrovare il tempo perduto. Bruno Marchetti inseguiva la luce, ecco cosa faceva. Una volta ha raccontato di essere sceso in Sicilia e di aver alloggiato nella stessa stanza occupata anni prima. La ragione? Ritrovare quei riflessi. «Quando le cose - disse - sono ricoperte dalla sabbia dell'Etna e per via di quella sembrano possedere una filigrana d'argento».

Marchetti è morto l’altro giorno. L’ha portato via una malattia lunga e complicata. Aveva smesso i suoi occhiali colorati che lo accompagnavano ovunque. Spiegava che il meglio, per un fotografo, era lavorare al di fuori di ogni committenza. Oppure farlo con una committenza che lo lasciava libero di inseguire cose che erano difficili anche solo da intravvedere. Col tempo la sua arte, perché di questo si trattava, si era come prosciugata. Accade anche ai pittori o agli scultori. Si comincia con le forme, si cercano i contorni conosciuti e riconoscibili poi, a poco a poco, con la maturità si va al dunque, si lascia la forma e si trova la sostanza. O almeno, ci si prova.

Anche Bruno Marchetti aveva iniziato con i ritratti. Tanti bolzanini li conservano nelle proprie case. Era avanzato per tappe, per tentativi. Una volta, sempre lui a raccontare, presentò i suoi lavori a Jack Alberti, allora nume tutelare della fotografia: li respinse tutti. Quella lezione gli servì. Alberti spiegava che nelle immagini non avrebbe mai dovuto comparire un traliccio o il filo della luce. Poi Marchetti andò a Los Angeles e trovò fili ovunque. E ne riempì le sue immagini. Lavorò anche con Bruno Flaim con il quale costituì un lungo sodalizio. Ma Bruno Marchetti amava la solitudine, ecco il senso della sua ricerca estetica.

Stava solo anche quando gli capitava di impostare campagne pubblicitarie o di muoversi nel flessuoso terreno della grafica. "Se parlo, se qualcuno chiacchiera con me è la fine, non riesco più a fare quello che mi piace" raccontò una volta. Dalla solitudine alla ricerca della luce è stato come ritrovare un'anima nascosta nelle pieghe degli impegni di lavoro. E poi, alla fine, sono arrivate le ombre. Che era poi lo spazio lasciato libero dalle luci. E a sua volta, probabilmente, ancora più pieno di messaggi possibili. Questa ricerca dell'ombra era diventata una dolce ossessione.

E allora ecco le fotografie di teli stesi al vento, di coperture, di case fuori fuoco. Bruno Marchetti ha continuato la sua ricerca sulle ombre fino all'ultimo respiro. Cercava di svelare così la struttura interna delle case e delle cose. I colori apparivano solo di sfuggita, come uno sfondo, come nelle sue strutture ghiacciate dove, all'orizzonte appariva una squarcio di cielo azzurro. Nell'ombra aveva trovato la stessa vita che aveva scorto nella luce. P.CA.













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