IL LUTTO

Addio a Umberto Gandini, il mondo della cultura altoatesina e il giornale Alto Adige perdono un grande scrittore e giornalista

Firma storica del nostro giornale e fine intellettuale, si è spento a 85 anni, a poca distanza dalla scomparsa della moglie



BOLZANO. E’ scomparso a pochi mesi dalla perdita della moglie, un lutto che l’aveva duramente segnato. Il mondo della cultura altoatesino e il giornale Alto Adige piangono Umberto Gandini, giornalista e scrittore bolzanino, firma indimenticabile del nostro giornale. 

Pluripremiato traduttore di romanzi e testi teatrali dal tedesco, vulcanico romanziere dalla vena tardiva ma felice, si è spento a 85 anni.

Nato a Milano ma trasferitosi ben presto prima a Merano e poi a Bolzano, Gandini è stato una colonna del nostro quotidiano, prima cronista puntuale e analista di una politica locale non facile da leggere, poi redattore delle pagine di politica nazionale ed estera e infine responsabile di quelle di Cultura e Spettacoli. Come cronista, visse in pieno gli anni caldi delle bombe dei terroristi sudtirolesi, quelli delle complicate trattative per la costruzione dell’autonomia, quelli del boom economico e poi del Sessantotto, gli anni di Piombo (il piombo delle P38 ma anche delle linotype) e quelli dell’austerità, l’era della DC e quella del cattocomunismo, l’avvento di Durnwalder e del Mercatino di Natale, l’incendio del vecchio Teatro di Gries e la posa prima pietra del nuovo Teatro Comunale.

Nel dubbio fra parteggiare per gli italiani o per i “tedeschi”, scelse sempre la strada dell’equilibrio e del buon senso, estremista soltanto nel suo essere antifascista. Cronista ed editorialista, Gandini scriveva senza peli sui polpastrelli, fossero lì a vorticare sui tasti della macchina per scrivere o più tardi, da metà anni Ottanta, su quelli del computer. In redazione era un punto di riferimento, non solo per la perfetta bilinguità ma anche per la rapidità e la puntualità delle sue analisi politiche. Rigore ma sempre con un pizzico d’ironia: restano negli annali gli irriverenti festeggiamenti del Venerdì santo a base di pane e salame.

Appassionato di teatro e vero esperto in materia, per oltre trent’anni è stato prezioso punto di riferimento per gli addetti ai lavori (registi e interpreti) ma anche e soprattutto per i lettori, che cercavano nel suo commento il riscontro alle loro prime impressioni o comunque una chiave di lettura sempre autorevole. In quelle recensioni, non temeva di dare giudizi anche scomodi ma esercitava sempre un grande rispetto per tutti gli interpreti e per il loro lavoro, citandoli sempre tutti. Il suo amore per il teatro lo portò ben presto a tradurre testi dal tedesco all’italiano, scoprendo autori importanti come Thomas Bernhard e facendone valorizzare altri che in Italia non erano conosciuti.

Basterebbe citare il premio Grinzane-Cavour 2001 per dare un’idea di quanto siano state e siano tuttora apprezzate le traduzioni di importanti romanzi e testi teatrali dal tedesco all’italiano. Si potrebbe aggiungere il premio Ervino Pocar nel 200, oppure il semplice elenco degli autori tradotti: da Walter Benjamin a Thomas Bernhard, da Botho Strauss a Joseph Zoderer, da Reinhold Messner a Peter Handke e Rainer Werner Fassbinder.

Non solo giornale. Una moglie che per quarant’anni lo ha aspettato paziente a orari spericolati, un figlio critico cinematografico, due nipoti gemelli, la passione per le corse all’ippodromo di Merano e soprattutto quella viscerale per i rossoneri del Milan, il posto fisso alle prime del Teatro Stabile, la pennichella postprandiale. Ecco la vita extralavorativa di Umberto Gandini. Dentro, al giornale – che negli anni Sessanta tradì per una breve fuga all’edizione locale del “Giorno” – ha visto passare una decina di direttori, dozzine di colleghi ai quali ha insegnato il mestiere senza mai fare il maestro, semplicemente con l’esempio. Scriveva e fumava, macinando omicidi e attentati, scandali ed elezioni, editoriali e recensioni, maestro della “breve” condita con un po’ di peperoncino. Mancherà a tutti noi.













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