il caso

Ambulanza in ritardo Assolti gli operatori del 118

La Procura aveva chiesto due condanne a 4 mesi per rifiuto di atti d’ufficio La difesa ha però dimostrato che non vi fu alcuna sottovalutazione


di Mario Bertoldi


BOLZANO. Tutti assolti con riferimento all’insufficienza delle prove portate in aula dalla Procura. I tre operatori del 118 finiti sotto processo con l’accusa di rifiuto di atti d’ufficio, hanno visto riconosciuta la correttezza sostanziale del loro operato. Non è stato facile. Sino all’ultimo il pubblico ministero Igor Secco ha sostenuto la presunta responsabilità penale di due dei tre operatori (Nagler e Bertagnolli) per i quali aveva chiesto la condanna a quattro mesi di reclusione (con sospensione condizionale della pena). Aldo Bertagnolli, Kurt Nagler e Maurizio Tomanin (tutti difesi efficacemente dall’avvocato Mauro De Pascalis) sono usciti a testa alta e visibilmente soddisfatti dall’aula di giudizio. Nessuno ovviamente ha mai rischiato di finire in carcere ma per un operatore del 118, chiamato a gestire le emergenze e la macchina dei soccorsi, una condanna per aver rifiutato l’invio di un’ambulanza in tempi utili sarebbe stato un peso difficilmente superabile. Il procedimento, come si ricorderà, era legato al dramma avvenuto nel gennaio di due anni fa quando una donna di 54 anni di Bolzano morì dopo tre richieste di intervento urgente di una ambulanza. In sostanza i tre operatori del servizio di pronto soccorso erano stati accusati di aver sottovalutato la situazione in quanto la paziente, affetta da una grave malattia cronica ormai in fase terminale , era nota per essere indotta facilmente a chiedere aiuto ed in altre occasioni dopo aver ottenuto l'invio di un'ambulanza aveva poi rifiutato il trasferimento in ospedale. La situazione però precipitò in tre giorni. Dal 19 al 21 gennaio 2013 le condizioni della donna si aggravarono ulteriormente e nonostante le diverse chiamate (anche del convivente della paziente) la centrale del 118 non inviò tempestivamente un'ambulanza (negli ultimi due mesi le richieste erano state circa 300). La donna morì il 21 gennaio 2013 mentre attendeva - assistita dal convivente - l'arrivo di un'autolettiga del 118. La denuncia dei famigliari generò il procedimento penale nel corso del quale una perizia portò comunque ad escludere una correlazione tra l'evento morte e la presunta omissione degli operatori della centrale di soccorso che , sostanzialmente, sono stati accusati di non aver saputo valutare adeguatamente (anche per colpevole superficialità) il livello di gravità della situazione inviando solo alle 13.37 del giorno del decesso un’ambulanza (in codice giallo anzichè rosso) che raggiunse la casa della paziente dopo 21 minuti (quando la donna era già morta). Il processo ha evidenziato presunte carenze del sistema di gestione delle emergenze da parte del 118, troppo legato alle valutazioni discrezionali dei singoli operatori telefonici. L’avvocato De Pascalis ha dimostrato in aula (analizzando proprio le telefonate sotto accusa) che gli operatori del 118 non sarebbero stati messi nelle condizioni di capire l’aggravamento delle condizioni della paziente (nota alla centrale per le centinaia di chiamate fatte in precedenza) che prima di perdere conoscenza telefonò dicendo di non essere più in grado di reggersi sulle gambe. Lo stesso legale ha sottolineato in arringa che tre giorni prima il decesso nemmeno il medico di base della vittima, dopo una visita, ritenne necessario farla ricoverare in ospedale. Ed il tribunale ha così assolto tutti gli imputati.

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