Andreotti: «Life Ursus, non lo rifarei più così»
La sua giunta, nel 1998, ha dato il via al progetto di reintroduzione dell’orso: «Lo aveva voluto l’Europa e prevedeva 20/30 capi, confinati nel parco Adamello»
TRENTO. Carlo Andreotti, autonomista, era alla guida della giunta provinciale che, nel 1998, diede il via libera al progetto “Life Ursus”, la reintroduzione dell’orso in Trentino.
Andreotti in questi giorni le fischieranno le orecchie, visto che lei è considerato il padre del progetto orso...
«Guardi se proprio mi si vuole affibbiare una paternità io sono il padre dell’Euregio. Non del Life Ursus».
Vero è che lei gli orsi non li vide. Arrivarono dopo qualche anno.
«Sì, c’era già la giunta Dellai. Ma va detto che il progetto aveva una paternità europea, l’egida dello Stato. Ed era stato presentato in modo molto più ridotto, di quello che si è poi rivelato. Allora non si era levata una sola voce contraria a quei tempi. Tutti entusiasti».
Come mai?
«Si era parlato di salvare gli orsi sulle nostre Alpi che, diversamente, si sarebbero estinti di lì a poco. Erano rimasti un paio di capi, maschi e anziani. L’idea di base era di arrivare ad avere una popolazione ridotta di esemplari, 20/30 capi al massimo, tutti con il radiocollare, super controllati, tenuti dentro il Parco dell’Adamello. Se si fossero allontanati, grazie a questo tipo di controllo, si sarebbero potuti recuperare e riportare al sicuro. Poi però, ma questo è successo molto dopo, gli orsi hanno perso più di un radiocollare e non tutti sono stati rimpiazzati. E sapere dove andavano è diventato più difficile».
A quanto pare Europa ed Italia, dopo l’avvallo iniziale, hanno lasciato tutto sulle spalle della Provincia.
«Diciamo che sulla carta, all’inizio tutto era stato messo come facile e controllabile, poi qualche problema di gestione c’è stato. Forse, ecco, avrei fatto mettere qualche paletto in più a Life Ursus all’inizio. Ma posso dire il mio pensiero su questi incidenti?».
Certo.
«Ci sono circa 50 orsi in giro per le valli del Trentino e ormai si muovono da oltre 15 anni. Ci sono stati in tutto tre incidenti di una certa gravità e sempre accaduti in circostanze non chiarissime».
Quindi che cosa se ne ricava da questa evidenza?
«Che tutti questi problemi gravissimi gli orsi non li hanno mai dati. Diciamola tutta: se un orso ti vuole uccidere, ti uccide. Quando leggo cose del tipo “Gli sono scappato rotolandomi in un fossato...” . Non è realistico, ecco tutto. Se ti voleva prendere ti prendeva. Ma morti non ce ne sono mai stati, per fortuna. E questo è un fatto».
Sì ma non si poteva, dicono in Provincia, rischiare che accadesse per davvero. Che ci scappasse il morto.
«Queste sono valutazioni che avranno fatto gli esperti dall’interno. Io noto però una cosa, si è deciso tutto troppo in fretta».
In che senso?
«Si poteva prelevare l’orsa, con la solita procedura del narcotico, come si fa per mettere il radiocollare, e tenerla sotto osservazione. Studiarne il comportamento, capirne gli eventuali problemi, e solo in ultima ratio ucciderla. Non occorreva correre tanto».
Lei avrebbe fatto così?
«Sì, io avrei atteso. Non avrei ordinato l’abbattimento. Ma, ripeto, parlo da esterno. Io gli orsi non li ho mai dovuti gestire».
Sui social si sono scatenati gli animalisti.
«Ma è una litania che si ripete in questi casi. Fatta senza conoscere bene la situazione. Non mi pare che i trentini vivano la presenza dell’orso con particolari paure».
Perché lo dice?
«Perchè nei giorni dopo l’aggressione ero nella zona del lago di Terlago e c’era una folla incredibile, davvero tanta gente. Nessuno aveva paura dell’orso, anzi erano tutti molto tranquilli. Pensavano solo a divertirsi. Insomma l’orso può convivere con la gente, con delle cautele».
Un progetto che va solo ripensato?
«Magari con l’aiuto proprio di quella Europa che, all’inizio, aveva dato l’avvio a tutta l’operazione».