la storia

Antonio, tre anni, nato due volte: «Mio figlio vive col cuore nuovo» 

Il piccolo è nato affetto da cardiomiopatia dilatativa. Il papà, Simone Schenk: «Non aveva speranze. Il 7 maggio 2021 ci hanno chiamato da Padova e credevamo fosse morto. Invece ci annunciavano il trapianto»


Valeria Frangipane


BOLZANO. «Antonio è nato due volte. Il 28 ottobre 2020 ed il 7 maggio 2021. L’ha salvato un trapianto di cuore. I medici non gli avevano dato speranza. Era affetto da cardiomiopatia dilatativa». Simone Schenk, 37 anni, operaio alle Acciaierie, racconta la storia di suo figlio.

Lo fa nella giornata del bambino cardiopatico e perché domenica 7 maggio Antonio compie tre anni. «Se non ci fosse stato un piccolo donatore, se non ci fossero stati genitori che nella tragedia sono riusciti a dire sì all’espianto, senza chirurghi che fanno miracoli, oggi lui non sarebbe qui. Mia moglie Diana ed io ringraziamo ed abbracciamo tutti. Anche l’associazione “Cuore di bimbo”, ed il suo presidente Ulrich Seitz che tanto hanno fatto e continuano a fare per noi. Ci hanno sostenuto e continuano ad aiutarci economicamente ma non solo».

A giugno 2018 nasce Arianna, la primogenita

Mia moglie entra in ospedale a Bolzano per un semplice controllo che evidenzia però nella piccola una cardiomiopatia dilatativa grave. Arianna nasce con cesareo urgente. Il medico più ottimista le dà tre giorni di vita. Cristina Pedron, dottoressa della Terapia intensiva neonatale, la fa trasferire in elicottero all’Azienda-Ospedale Università di Padova. La diagnosi è seria, la patologia importante e molto rara ma la bambina grazie a farmaci e controlli di routine, si riprende perfettamente e in cinquanta giorni torna a casa.

Per i genetisti di Padova le probabilità di una seconda gravidanza a rischio di patologia cardiaca grave sono pressoché nulle... e noi volevamo tanto un secondo figlio. Ci siamo fidati degli specialisti ma è iniziato il secondo calvario.

A ottobre 2020 nasce Antonio

A marzo 2020 Diana resta incinta, inizia il cammino della speranza. La gravidanza è monitorata ogni mese ed a fine luglio si scopre che anche Antonio soffre di cardiomiopatia dilatativa. Non ce l’aspettavamo. Cadiamo in uno stato di prostrazione pesantissima. I dottori ci comunicano da subito che le speranze di vederlo nascere sono poche. Ma Diana in accordo con l’ospedale di Bolzano si fa ricoverare a Padova e si sottopone a pesanti cure sperimentali. A un mese dal ricovero ci dicono che è arrivato il momento di “provare il parto”. Così ci dicono: “provare”. Antonio ce la fa. Il 28 ottobre 2020 vede la luce ma per mesi non è in grado di lasciare le varie terapie intensive di Padova dove più volte viene intubato per peggioramenti continui. I farmaci non fanno effetto. Non servono a nulla. Noi siamo a pezzi. Nostro figlio sta malissimo e non possiamo stringerlo tra le braccia. A marzo 2021 lo dimettono. Andiamo a casa, stremati ma felici. La felicità dura poco, Il piccolo non mangia e il suo cuore si affatica sempre più. È in fin di vita. Ci precipitiamo al San Maurizio, Antonio un fagottino che non vi dico, viene intubato per l’ennesima volta e trasferito d’urgenza in elicottero a Padova. Anche noi ci trasferiamo subito lì.

Per voi i mesi della speranza?

No, mesi terribili. Quelli della sconfitta. Nostro figlio si stava spegnendo lentamente perché le cure non fanno più effetto. I colloqui con l’equipe dell’ospedale di Padova si fanno sempre più brevi, stringati, laconici. Più tristi. Il 26 aprile ci dicono che non c’è speranza. Antonio viene battezzato. Ma noi non volevamo mollare. Antonio rideva quando ci vedeva, voleva vivere. Eravamo straziati.

Il trapianto a otto mesi

Il 7 maggio 2021, saranno state le 9 di mattina, ci arriva una telefonata dalla Terapia intensiva pediatrica. Abbiamo pensato ci siamo, è finita. Antonio ha smesso di soffrire, è morto. E invece i medici ci annunciano che è in sala operatoria perchè c’è un cuore per lui. L’hanno portato in elicottero a Milano ed è in arrivo a Padova, sta viaggiando sulla Lamborghini della Polizia. Nei corridoi dell’ospedale infermieri e medici ci abbracciano, quasi più emozionati di noi. L’operazione dura ore e adesso possiamo dire di essere una famiglia felice. Siamo grati alla vita. Certo nulla è semplice perché Antonio deve prendere farmaci per sempre. Ma è con noi. Sta bene. Cresce. Un bimbo come tanti. Un pensiero ed un grazie immenso a quei genitori che hanno perso il loro piccolo e nel dramma assoluto hanno detto sì all’espianto. Senza quel sì nostro figlio non sarebbe vivo. Siamo qui anche per lanciare un appello. Ricordate che col rinnovo della carta d’identità potete decidere anche sulla donazione organi. Per favore fate una scelta immensa. Dite di sì».

 













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