Artioli, la rissa col muratore finisce al pronto soccorso 

Il tunisino Ramzi M’henni accusa la consigliera e i tre uomini che erano con lei d’averlo picchiato selvaggiamente. Lei: «Sono io la vittima di un’aggressione».


di Paolo Tagliente


BOLZANO. Un appartamento da ristrutturare, un artigiano impegnato nei lavori e la committente che, ad un certo punto, contesta quanto fatto dal professionista. Ne nasce una discussione, che in pochi istanti degenera in rissa. Questo, in estrema sintesi, l’asettico riassunto della movimentata vicenda che, nel primo pomeriggio di giovedì, in un alloggio di via Mendola, ha avuto come protagonisti da una parte Ramzi M’henni, ventottenne artigiano tunisino, e dall’altra Elena Artioli, consigliera provinciale del Team Autonomie e personaggio conosciutissimo in provincia. Ma se questa è la vicenda, una e indiscutibile, la lettura che di esse viene fatta dai protagonisti non può che essere duplice. E diametralmente opposta. Quella di Ramzi è drammatica e toccante, fatta dal letto dell’ospedale San Maurizio, dove il giovane è ricoverato dall’altro ieri, con la parte sinistra del corpo ricoperta di ematomi e un sospetto trauma cranico. «Io e mia moglie, che è bolzanina – spiega con un fil di voce – viviamo a Mahdia e siamo in città da circa nove mesi perché le è morta la mamma e abbiamo dovuto rientrare in Italia per sbrigare le lunghe pratiche burocratiche legate alla successione. Visto che le cose andavano per le lunghe, ho deciso di rimboccarmi le maniche». Circa un mese e mezzo fa, a Ramzi viene affidata la sistemazione dell’appartamento in cui Artioli ha intenzione di trasferirsi in affitto. I locali non sono della consigliera provinciale, ma il proprietario dell’immobile le ha dato mano libera per i lavori e così, l’artigiano ha a che fare direttamente con lei. «All’inizio – prosegue il giovane – avrei dovuto solo imbiancare cinque stanze, ma poi la lista dei lavori s’è allungata: rifare due bagni, cambiare i termosifoni, acquistati a Verona insieme alla signora Artioli, sostituire le tubature in piombo con nuove in pvc e rifare anche le tracce dell’impianto elettrico. Tutto senza modificare né quanto pattuito inizialmente né la data di consegna dei lavori, fissata il 15 giugno». La tensione cresce e giovedì esplode, in maniera tanto inattesa quanto violenta. «Erano circa le 13 – prosegue Ramzi, fornendo la sua versione dei fatti – quando nell’appartamento in cui stavo lavorando s’è presentata la signora Artioli. Con lei c’erano tre uomini. Mi ha detto che i lavori non andavano bene, le ho risposto che stavo seguendo alla lettera le sue indicazioni, ma che non c’era problema: bastava che mi pagasse per quanto fatto e me ne sarei andato. Ho preso il telefonino per filmare i lavori compiuti, ma a quel punto la situazione è degenerata». Ramzi piange. «Uno degli uomini mi ha strappato il cellulare di mano, io l’ho ripreso e mi è stato sferrato un pugno in faccia. Ho cercato di difendermi, ma sono stato colpito ancora e sono finito a terra. Credo di aver perso i sensi per qualche istante e quando mi sono ripreso, i tre mi tenevano bloccato a terra e mi picchiavano selvaggiamente. La signora Artioli mi urlava “Sei un musulmano di m... Io vi odio tutti!”. Alla fine sono riuscito a scappare. Ho davvero temuto per la mia vita e ho paura anche ora. Mai avrei immaginato potesse accadermi una cosa simile e appena mi riprendo voglio tornare in Tunisia. Ma voglio anche ciò che mi spetta per i 45 giorni di lavoro. E voglio giustizia». I medici del San Maurizio non hanno ancora formulato una prognosi di guarigione, ma a Ramzi è stato detto che sarà sicuramente superiore a 20 giorni e, quindi, la denuncia scatterà d’ufficio.

Sull’altro fronte, Elena Artioli che, medicata per contusioni guaribili in 15 giorni, affida ad un legale la sue versione della vicenda. «La signora Artioli – spiega l’avvocato – è stata vittima di una violenta aggressione, è davvero molto scossa e, al momento, non se la sente di parlare. Con lei c’erano altre persone pronte a confermare il suo racconto e si riserva di intraprendere un’azione penale».

Si preannuncia battaglia legale, insomma.













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