il processo

Benno Neumair, ricorso in appello contro il doppio ergastolo

Depositato ieri dagli avvocati del giovane che nel 2021 uccise i genitori. Al centro del processo di secondo grado ci sarà ancora il suo stato mentale al momento dei fatti



BOLZANO. Era atteso da tempo, e ieri a mezzogiorno gli avvocati difensori di Benno Neumair hanno depositato il ricorso in appello contro la sentenza della Corte d’Assise di Bolzano, che il 19 novembre 2022 ha condannato a due ergastoli il giovane insegnante bolzanino per avere strangolato entrambi i genitori Laura Perselli e Peter Neumair.

Bocche cucite degli avvocati Flavio Moccia e Angelo Polo sul contenuto dell’atto – un documento di oltre cento pagine – ma non è difficile immaginare che i due legali bolzanini punteranno ancora sull’incapacità di intendere e di volere del giovane quando, nel pomeriggio del 4 gennaio del 2021, strangolò prima il padre e, di lì a poco, anche la madre. Una posizione sostenuta durante tutto il processo in Corte d’assise secondo la quale Benno soffriva di crisi psicotiche con conseguenze pesanti sulla capacità di autodeterminarsi. La presunta malattia mentale di Benno Neumair, d’altra parte, appare come l’unico salvagente su cui contare per tentare di ottenere una conclusione diversa del processo.

Il punto di partenza del processo d’appello sarà proprio quanto riportato in sentenza dai giudici di primo grado e dalle conclusioni del collegio dei tre periti nominati dai giudici e cioè i professori Eraldo Mancioppi, Isabella Merzagora e Marco Samory. Nella valutazione dei periti c’è un particolare che è risultato determinante: il giudice delle indagini preliminari, infatti, ha chiesto agli esperti di indicare in caso di presunto vizio di mente la malattia mentale eventualmente riscontrata. In sentenza, i giudici della Corte d’assise hanno ricordato alcuni principi della «sentenza Raso» (dal nome dell’imputato), e ribaditi dalla Corte di Cassazione e che probabilmente la difesa di Benno intenderà rispolverare.

Le sezioni unite della Suprema Corte hanno stabilito che anche i “disturbi della personalità” – non sempre inquadrabili nel ristretto numero delle malattie mentali – possono rientrare nel concetto di infermità purché siano di consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulla capacità di intendere e di volere. Una condizione che, secondo i giudici della Corte d’assise, non sarebbe stata evidenziata dal comportamento di Benno Neumair, anche se periti e consulenti di parte sono giunti a conclusioni diverse, nel processo di primo grado. Questo è un secondo punto su cui probabilmente la difesa intenderà intervenire in sede di appello, perché anche gli esperti incaricati di analizzare il caso sono giunti a conclusione divergenti sulle condizioni mentali dell’imputato.

«I periti - si legge nella sentenza di primo grado - dopo aver diagnosticato un disturbo di personalità di cluster B con evidenze di aspetti narcisistici, antisociali, istrionici e passivo aggressivi da loro considerati gravi, hanno preso le mosse dalle dichiarazioni, non prive di incongruenze, rese dall’imputato circa il litigio creato dal padre, ma avrebbero evidenziato lo stato mentale dell’imputato basandosi sul tipo di reato commesso occorrendo al contrario dapprima accertare la patologia e solo dopo analizzare il reato». Lo stesso comportamento tenuto da Benno nel corso del processo ha avuto letture opposte: per l’accusa, il distacco, l’insofferenza alle domande e l’assoluta assenza di pentimento mostrerebbero una crudele lucidità.
Per la difesa, invece, sarebbero proprio il distacco, l’insofferenza alle domande e l’assoluta assenza di pentimento i segnali dei gravi disturbi che avrebbero reso Benno Neumair incapace di intendere e di volere quando uccise.

P.T.













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