Il processo

Bimba picchiata, tre anni di carcere ai genitori 

Padre e madre, forse innervositi dal pianto, provocarono lesioni gravi alla piccola. La giudice Carla Scheidle non ha accettato il patteggiamento a due anni non ritenendo congrua la pena. La figlioletta subì emorragie interne con indebolimento della vista e strabismo


Mario Bertoldi


BOLZANO. Tre anni di reclusione a testa, senza il riconoscimento delle attenuanti generiche. Vista l’entità della pena la giudice Carla Scheidle non ha ovviamente neppure concesso la sospensione condizionale della pena. Si è concluso così il processo di primo grado a carico di due genitori di origini straniere domiciliati in Alto Adige. Entrambi gli imputati hanno dovuto rispondere dell’accusa di lesioni personali gravi ai danni della loro figlioletta di 5 anni che sarebbe stata scossa violentemente, tanto da provocarle emorragie interne.

A conclusione dell’inchiesta la Procura aveva contestato ad entrambi i genitori di aver provocato alla bimba lesioni guarite in oltre 40 giorni con indebolimento permanente della vista e strabismo. I fatti risalgono al 3 giugno 2017. Il processo non ha mai permesso di capire con certezza per quale motivo la piccola venne scossa in maniera così violenta. È probabile che si sia trattato di una reazione nervosa e inconsulta probabilmente provocata dal fatto che la neonata piangesse spesso.

Nel corso del dibattimento la mamma aveva chiesto di patteggiare una condanna a 2 anni di reclusione ma la proposta non è andata a buon fine perchè il giudice ha ritenuto la pena non congrua. E così ieri mattina entrambi gli imputati (il padre ha dovuto rispondere dello stesso reato a titolo di concorso) hanno scelto di essere processati con rito abbreviato.

Il pubblico ministero ha chiesto la condanna di entrambi sempre a due anni di reclusione ma la giudice Scheidle è andata oltre, non riconoscendo le attenuanti generiche, infliggendo alla coppia tre anni di reclusione a testa, ovviamente senza condizionale, con interdizione per cinque anni dai pubblici uffici. L’inchiesta sulla vicenda ha permesso di accertare (tramite una perizia depositata agli atti) che le emorragie cerebrali riscontrate all’epoca alla piccola sarebbero tipiche della sindrome denominata «shaken baby». Si tratta della cosiddetta «sindrome del bambino scosso» che rappresenta una delle forme più gravi di maltrattamento nel periodo dell’infanzia. Si verifica solitamente nei primi due anni di vita del bambino e può avere conseguenze anche gravissime. Può infatti anche provocare anche la morte del piccolo o forme di grave disabilità.

Il maltrattamento in questione consiste nello scuotimento violento, anche per pochi secondi, che va ad incidere sul capo del bimbo con possibili conseguenze anche neurologiche e dunque del tessuto cerebrale. Più precisamente in casi come questi lo scuotimento è talmente violento (in relazione alla condizione del bambino) da provocare una accelerazione , rotazione o decelerazione del capo che possono portare a danni seri a livello intracranico, spinale e alla retina degli occhi. In quanto caso i due genitori sono accusati di aver provocato alla loro figlioletta di poco più di otto mesi «emorragie subdurali bilaterali associate a focalità emorragiche...e a trombosi di una vena a ponte».

Si tratta di lesioni - si legge nel capo d’imputazione - dalle quali è derivata una malattia durata oltre 40 giorni con indebolimento permanente della vista. Ancora oggi la bambina è affetta da strabismo proprio a seguito del trattamento subìto.













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