Il caso

Bimbi senza un tetto, situazione segnalata al Tribunale dei minori 

L’assessore bolzanino Juri Andriollo: «Un atto dovuto per tutelare i piccoli. La procura valuterà eventuali provvedimenti». La scelta fatta dalla madre ha messo a rischio il percorso d’accoglienza. «L’unica soluzione? Il ritorno in Abruzzo»  



BOLZANO. La situazione di Tamar e, soprattutto quella dei suoi due bambini di 5 e 6 anni, è stata segnalata al Tribunale dei minori di Bolzano, che valuterà eventuali provvedimenti per tutelare i due minori. «Si tratta di un atto dovuto, in casi come questi – spiega Juri Andriollo, assessore comunale alle politiche sociali – perché è necessario che il Tribunale sappia dell’esistenza di una situazione che potrebbe mettere a rischio la salute e l’incolumità dei minori. Sarà la procura a fare le necessarie valutazioni ed eventualmente intervenire».

Tamar è la ventottenne georgiana di cui domenica scorsa si è occupato il nostro giornale: madre di due figli, nei giorni scorsi, la donna ha lasciato il Centro di accoglienza straordinaria di Isola del Gran Sasso, in Abruzzo, dov’era ospitata da circa un anno e mezzo, ed è salita a Bolzano per stare più vicino alla sorella, che nel capoluogo altoatesino è arrivata poco più di tre anni fa. Scelta umanamente comprensibile, ma che, come spiega chi da tempo segue il suo caso, va contro tutte le regole dell’accoglienza e rischia di creare un precedente pericoloso. Una scelta il cui unico risultato è stato quello di costringere i due bimbi a dormire per strada. Con le conseguenze negative che potrebbero esserci se la giustizia italiana dovesse prendere dei provvedimenti. «È una situazione molto borderline – continua Andriollo – che capiamo perfettamente tutti, ma a un certo punto è necessario assumersi delle responsabilità, che altri magari non si prenderebbero, ma dobbiamo porre dei limiti altrimenti il sistema salta".

Nella struttura di Isola Gran Sasso, Tamar era stata trasferita sulla base dei piani di distribuzione di chi, come lei, ha ottenuto lo status di rifugiato politico. Lì, nel piccolo centro ai piedi del massiccio del Gran Sasso d’Italia era iniziato il cammino d’inserimento e i bambini andavano a scuola. Ma Tamar, concluso l’anno scolastico, il 10 giugno, nonostante sia alla prefettura di Teramo che al Comune le avessero spiegato le conseguenze di uscire dal Centro, si è rimessa in viaggio, per raggiungere la sorella.

«La donna non è stata affatto abbandonata dalla istituzioni – continua Andriollo – ma era stata inserita insieme ai suoi bambini in un progetto che ora, a causa della sua scelta di andarsene, è stato messo a rischio». La soluzione, l’unica percorribile in questo momento, è rappresentata dal ritorno in Abruzzo di Tamar e dei due bimbi. Ed è proprio in questa direzione stanno andando gli sforzi delle assistenti sociali che stanno cercando di convincere Tamar a tornare sui propri passi e a fare rientro al Cas abruzzese.

La notizia dei piccoli costretti a dormire in strada ha colpito molti in città: sabato sera, un bolzanino si era offerto di pagare due notti all’hotel Adria alla famigliola e, nelle ore successive, molti altri s’era offerti di pagare altri pernottamenti. Un’encomiabile gara di solidarietà che, però, non risolverebbe definitivamente la situazione. Anche perché, a quanto emerso, la difficile condizione in cui si sono venuti a trovare Tamar e i suoi bambini, non è altro che il risultato della sua scelta di salire in Alto Adige a tutti i costi, violando di fatto tutte le disposizioni e cercando di “forzare” (e secondo qualcuno lo ha fatto “strumentalizzando” i suoi due figlioletti) lo stesso sistema che le aveva garantito accoglienza. Chi chiede aiuto, e lo ottiene, insomma, ha poi l’obbligo di rispettare le regole.













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