Il processo

Bolzanino condannato per la “guerra” ai vicini

Due anni e quattro mesi di reclusione ad un altoatesino accusato di atti persecutori. Parte lesa una famiglia “colpevole” di aver acquistato un immobile che interessava all’imputato


Mario Bertoldi


BOLZANO. Ha perseguitato i propri vicini di casa colpevoli di essere stati più veloci nell’acquistare un appartamento a cui teneva moltissimo e che il diretto interessato si era visto sottrarre all’ultimo momento, dopo una serie di trattative con il proprietario dell’epoca.

Una vicenda che si è notevolmente avvelenata nel corso degli ultimi anni tanto che il protagonista si era visto condannare, dapprima dal tribunale di Bolzano e poi dalla Corte d’appello, a due anni e 4 mesi di reclusione per atti persecutori nei confronti dei vicini. Ora la condanna è diventata definitiva in quanto è stata confermata in pieno anche dalla Corte di Cassazione.

La parte lesa dovrà anche essere risarcita, soprattutto in relazione alle spese legali sostenute nel corso dell’incredibile braccio di ferro legale. Posto che i fatti contestati erano sostanzialmente e storicamente accertati, in sede di ricorso di legittimità la difesa dell’imputato altoatesino ha tentato di ottenere l’annullamento della condanna sostenendo che l’accusato era già stato in precedenza condannato nell’ambito della stessa vicenda per alcuni episodi minaccia, molestie, violenza privata, danneggiamento e violazione di domicilio. Si tratta di reati che rientrano nel periodo contestato e che configurano una abitualità del reato di atti persecutori. In sostanza i difensori hanno cercato di dimostrare in Cassazione che si sarebbe di una sentenza emessa in violazione del principio generale del «ne bis in idem» che vieta una doppia condanna per uno stesso episodio-reato.

I giudici della Corte di Cassazione, però, hanno ritenuto che il principio non potesse essere richiamato per questa vicenda.

Come detto il ricorrente ha perso in via definitiva la causa in Cassazione rimediando una condanna a 2 anni e 4 mesi di reclusione per la quale - se vorrà evitare di dover scontare materialmente in carcere la pena dovrà chiedere l’affidamento ai servizi sociali in prova. Per condanne oltre i due anni di reclusione, infatti, non è prevista alcuna possibilità di sospensione condizionale.

In sentenza i giudici di legittimità ricordano che la corte d’appello, nel confermare la condanna di primo grado, aveva ricostruito nel dettaglio i fatti. In questa sorta di “guerra dei nervi” l’imputato era arrivato al punto di inviare ai vicini di casa qualcosa come 870 messaggi telefonici dal contenuto minaccioso e molesto, transitando con un’auto a forte velocità davanti alla proprietà delle parti lese , insultando e minacciando i malcapitati verbalmente, mostrando a tutti il gesto del «taglio del collo».

Un comportamento che aveva preoccupato non poco i vicini che temevano anche che i figli piccoli potessero essere investiti. La situazione era diventata così pesante che la famiglia presa di mira fu costretta a cambiare le abitudini di vita, obbligando le persone finite nel mirino dell’imputato a vivere nel terrore e ad utilizzare un'uscita secondaria della propria casa.













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