BOLZANO

Bolzano, i profughi volontari puliscono gratis i parchi

Entusiasti del lavoro: «Un’occasione per entrare in contatto con la comunità» Il progetto di Caritas e coop sociali nasce dopo il protocollo della Prefettura


di Alan Conti


BOLZANO. Un certo slang da social network etichetta i profughi, con sarcasmo come “risorse”. La migliore risposta arriva da dieci di loro che ogni giorni si svegliano presto e da Casa Aron e Casa Sara, le strutture a Bolzano della Caritas dove sono ospitati, si rimboccano le maniche per pulire le aree verdi della città senza ricevere un euro. Un lavoro che è volontariato puro perché la loro condizione amministrativa non li permette di trovare un impiego “autentico”. Sono inseriti nella pianta organica delle cooperative sociali Eureka, Oasis e Aquarius che formano il consorzio Joti pensato proprio per questa iniziativa e nato dalla firma di un protocollo tra Caritas (e altre associazioni) con il Commissariato di Governo.

Lavoro ai profughi C’è il protocollo BOLZANO. Impiegare i profughi per lavori di pubblica utilità, come la cura del verde, delle ciclabili, delle strade comunali o di aree di competenza amministrativa. Il protocollo firmato ieri mattina...

Il campo d’intervento, come scritto, è pulizia del verde e delle aree pubbliche. Carriole e saggine, rastrelli e guanti per garantire la bellezza delle passeggiate come quelle del parco che corre lungo l’Isarco.

«Si sono offerti per ripagare, in qualche modo, la comunità che li sta ospitando - spiega Fabrizio Mattevi della cooperativa Eureka che segue da vicino il progetto - e affrontano questo lavoro con grande entusiasmo». Sono tutti giovani in arrivo dall’Africa. «Tra di loro parlano un mix di lingue africane e hanno una certa preparazione. Alcuni conoscono il francese e uno, originario del Mali, ha anche studiato l’italiano a scuola. Difficile capire esattamente il loro grado di istruzione, si tratta di ragazzi, ma di certo hanno accolto con entusiasmo questa opportunità». Un impiego che è anche una strada per entrare più a contatto con la città senza rimanere semplici ospiti confinati da qualche parte. «Un aspetto importante. Parliamo di migranti in arrivo dalla distribuzione ministeriale in attesa di conoscere il loro futuro burocratico con le pratiche per il riconoscimento di asilo. Questo lavoro non garantisce loro nulla, in tasca non gli arriva niente, ma è bello vedere come cerchino il contatto con la nostra comunità. Lavorano insieme agli altri dipendenti delle varie cooperative sociali. Persone che hanno affrontato difficoltà differenti pur essendo inseriti nel nostro contesto. È uno scambio anche questo».

L’iniziativa è trimestrale e segue un primo progetto realizzato a fine novembre. «In quel caso ad aiutarci vennero alcuni cittadini del Bangladesh. Ragazzi splendidi ed ottimi lavoratori».

Poi, per qualche mese, qualcosa si è inceppato. «Purtroppo - conclude Mattevi - abbiamo dovuto affrontare alcuni problemi burocratici legati ai contributi e alle assicurazioni. Una situazione abbastanza paradossale considerando che si tratta di persone che non percepiscono un euro inserite nel contesto di un progetto promosso e messo a punto dal Ministero dell’Interno. Spiace non essere stati agili nella macchina amministrativa, ma adesso siamo riusciti a ripartire. Per questi ragazzi si tratta di un’opportunità importante e per la città un occhio in più nei propri parchi».













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