Bolzano: saluto romano ai Caduti, condannati in due

Ad Andrea Bonazza e Mirko Gasperi applicata la legge Scelba



BOLZANO. Condannati per apologia di fascismo per aver fatto il saluto romano in occasione della deposizione di una corona alla lapide che ricorda le vittime delle foibe, posta nei pressi di via Fiume. I fatti risalgono al 10 febbraio di due anni fa quando, a conclusione di un corteo, quattro giovani bolzanini andarono a rendere omaggio alle vittime delle foibe a modo loro. Andrea Bonazza, Mirko Gasperi, Marco Cleva e Marco Pomella fecero il saluto romano sull'attenti davanti alla stele, urlando «presenti», come invocazione ai caduti. L'esternazione non è passata inosservata ad un ispettore della Digos (l'ufficio politico della Questura) che inviò la segnalazione alla Procura della Repubblica. A carico dei quattro giovani fu avviata un'inchiesta per apologia di fascismo in relazione a quanto sanzionato dall'art.5 della legge Scelba che, come noto, vieta (sulla base della dodicesima disposizione transitoria della Costituzione italiana) la ricostituzione del «disciolto partito fascista». Marco Cleva e Marco Pomella patteggiarono nel febbraio scorso una pena pecuniaria rispettivamente di 1000 e di 730 euro. Andrea Bonazza (29 anni, promotore bolzanino del gruppo di estrema destra Casapound) e Mirko Gasperi sono stati invece processati e condannati ieri mattina con rito abbreviato. Il giudice Claudio Gottardi ha inflitto 2 mesi di reclusione a Bonazza (senza il beneficio della condizionale) e venti giorni a Gasperi, convertiti in una pena pecuniaria di 760 euro. Inutilmente l'avvocato difensore Roberto Keller (che probabilmente porterà il caso sino in Cassazione) ha chiesto l'assoluzione dei due imputati forte di un pronunciamento della Cofrte Costituzionale del 1958 (numero 74) che rilevava che nell'ambito della legge Scelba è sanzionabile solo un gesto o un'espressione che porti in sé l'effettivo pericolo della ricostituzione del «disciolto partito fascista». Secondo l'avvocato il gesto dei due bolzanini non avrebbe travalicato la libera espressione del pensiero. Sempre secondo la difesa sarebbe inapplicabile anche l'art.2 della legge Mancino in quanto il gesto non sarebbe stato idoneo ad istigare condotte discriminatorie per motivi razziali, etnici o politici. (ma.be.)

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