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Cene a domicilio con i migranti chef: boom di richieste

Grande successo per il progetto premiato da Arge Alp. Le fondatrici: «A tavola ci si conosce meglio»



BOLZANO. La cena può essere con specialità di Gambia, Nigeria, Senegal, Marocco, Iran, Pakistan, Afghanistan. E altre regioni del mondo si aggiungeranno. I cuochi hanno una caratteristica in comune: sono migranti o profughi. Anzi, i segni distintivi sono due: arrivano da lontano e sono grandi appassionati di cucina, anche se non chef professionisti.

Il progetto «Book a Cook» («Prenota un cuoco») è giovane (nemmeno un anno), ma è già diventato un successo.

«Siamo impegnati con più cene ogni fine settimana», racconta Isabelle Hansen. Giornalista, insieme ad altri amici ha fondato l’associazione «Empezamos - Impegno per un mondo solidale», che con il progetto «Book a Cook» ha ricevuto il venerdì il premio Arge Alp «Integrazione nell'arco alpino».

Una ventina di migranti di diverse provenienze si offre per cucinare a casa di tutte le persone che abbiano voglia di conoscere le cucine del mondo e le storie legate a quei sapori. Perché i cuochi, lasciati i fornelli, si siedono a tavola e partecipano alla cena.

L’associazione Empezamos si presta a fare da tramite. «Non ha importanza il numero delle persone invitate a cena», racconta Isabelle Hansen, che ha ricevuto il premio insieme ad Angela Wagner, «Abbiamo cucinato per due persone e per feste di compleanno con svariati invitati. Il numero dei cuochi varia in base al numero degli invitati». I cuochi organizzano la cena insieme ai volontari. «Facciamo la spesa e poi andiamo a cucinare a casa delle persone che organizzano la serata», racconta Isabelle Hansen, «Alla cena partecipiamo anche noi volontari. La nostra presenza serve per rompere il ghiaccio e per eventuali intoppi con la lingua. Problemi non ce ne sono mai stati. I ragazzi che cucinano sono persone totalmente affidabili».

Come è nata l’idea? «Siamo un gruppo di persone che lavorano come volontari nei centri profughi. Con me e Angela Wagner ci sono Guido Steinegger, Gabi Waldner, Georg Hofer e altri. Abbiamo conosciuto molti profughi. Alcuni di loro cucinano benissimo. Perché non sfruttare questa dote? Il cibo aiuta a unire le persone. Noi “locali” impariamo a conoscere le realtà da cui arrivano i migranti. E loro entrano nella nostra società. Scoprire che in questa parte del mondo per un brindisi ci si fissa negli occhi e da altre parti no è un piccolo passo. Ma passo dopo passo...».

Sono cene e nascono per essere momenti piacevoli, chiarisce Isabelle Hansen. «Quando siamo tutti insieme a tavola, padroni di casa, ospiti e cuochi migranti è bello se le persone si avvicinano con delicatezza. La cena non deve diventare un racconto delle tragedie che i profughi si lasciano alle spalle. Non sono profughi e basta. Sono persone con un talento, la cucina, che possono parlare di tante cose interessanti. A partire dal cibo, ad esempio». Come vengono scelti i cuochi? «È facilissimo. Quando si parla di cibo o si cucina nei centri di accoglienza, e scatta una scintilla negli occhi, quella è la persona giusta».

Quanto si paga? «I padroni di casa rimborsano il costo della spesa e chiediamo una donazione per i cuochi. Noi volontari diano il nostro tempo a titolo totalmente gratuito». Il premio dell’Arge Alp è di mille euro. Verrà utilizzato per nuovo corso Haccp per le informazioni di base sull’igiene alimentare. (fr.g.)













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