Cinque anni di coma, si va a processo
Il dramma del ragazzino annegato all’ Acquarena. Una perizia conferma il nesso tra l’incidente ed il decesso dopo alcuni anni Il procedimento, originariamente davanti al giudice di pace per lesioni colpose, ora è passato in tribunale per omicidio colposo
Bolzano. La perizia ha confermato quanto era parso chiaro sin dai primi minuti dopo la tragedia. La morte del ragazzino deceduto dopo cinque anni di coma irreversibile (in stato vegetativo), è da mettere in diretta correlazione con l’incidente avvenuto il 7 giugno 2014 alla piscina Acquarena di Bressanone. L’esito dell’ analisi medico legale è stato consegnato in Procura proprio in questi giorni. Il risultato, ora acquisito agli atti del procedimento, è fondamentale per sostenere in giudizio l’accusa di omicidio colposo a carico dei due indagati. Il procedimento penale (la cui competenza è passata dal giudice di pace al tribunale) fa riferimento al dramma del ragazzino (all’epoca 12enne) che nell’estate di sei anni fa rischiò di annegare nella piscina estiva più grande dell’Acquarena di Bressanone. Si tratta di Ilias El Hachimi. Avrebbe compiuto 17 anni solo qualche mese dopo il decesso. Nell’estate 2014 un improvviso malore gli fece perdere i sensi mentre stava nuotando e giocando in piscina. Nessuno del personale della sicurezza si accorse del dramma. Fu una ragazzina di terza media a dare l’allarme. Nuotando, vide il corpo sul fondo della piscina. La vittima venne recuperata e riportata a galla ancora in vita ma i danni al cervello, provocati dalla mancanza prolungata di ossigeno, si rivelarono gravissimi e irreversibili. In effetti da quel momento il bambino non riprese mai più conoscenza e sino all’aprile dello scorso anno ha vissuto in uno stato vegetativo (senza alcuna attività cerebrale) accudito e curato amorevolmente dai suoi genitori, costretti tra il resto ad affrontare questo incubo privi di alcun aiuto di carattere economico. Le due assicurazioni chiamate in causa non hanno mai sborsato un solo euro (a titolo risarcitorio) nonostante il procedimento penale avviato a carico di un bagnino e del responsabile della sicurezza della struttura. Entrambi erano accusati di lesioni personali colpose gravi per aver operato con presunta negligenza. Si trattava di un reato perseguibile a querela di parte, di competenza del giudice di pace. Ora la situazione sotto il profilo processuale si è notevolmente aggravata: i due indagati sono chiamati a rispondere di omicidio colposo e si procede d’ufficio. Ciò significa che il procedimento non potrà essere fermato neppure di fronte ad un adeguato risarcimento economico da parte delle assicurazioni che hanno probabilmente seguito una strategia tesa soprattutto al risparmio (pagare un invalido al 100 per cento vivo costa sicuramente di più rispetto al risarcimento dei congiunti per un danno da lutto), finendo però per nuocere involontariamente ai due assicurati. In effetti se le assicurazioni avessero raggiunto un accordo risarcitorio con la famiglia della vittima (assistita in sede penale dall’avvocato Marco Mayr e in sede civile dalla società «Giesse » di Belluno) quando ancora Ilias El Hachimi era in vita sarebbe bastato il ritiro della querela di parte per fermare il procedimento. A quel punto i due indagati non avrebbero potuto finire una seconda volta sotto procedimento penale neppure in caso di decesso del ragazzino. Ora, invece, il fascicolo è passato di competenza del tribunale e si procede d’ufficio. E’ probabile che la Procura chiuda l’inchiesta entro marzo. La perizia depositata in questi giorni dimostra, sotto il profilo medico legale, il nesso tra l’incidente in piscina ed il decesso del ragazzino a cinque anni di distanza. E’ infatti stato accertato che Ilias El Hachimi ha cessato di vivere per una complicanza respiratoria che ha portato ad un soffocamento. Si tratta di una problematica clinica che insorge proprio in soggetti vittime di gravi danni neurologici (come in questo caso). Trattandosi di una condizione classica dei pazienti con danno neurologico ed essendo il danno neurologico derivato dall’annegamento l’accusa ritiene provato il nesso causale tra l’incidente in piscina e la morte.