Dall’Iran a Bolzano: il talento lirico scoperto dalla Bbc

Hamidreza Shabani, 34 anni, lavorava in banca a Teheran. Ha lasciato tutto per studiare al Conservatorio Monteverdi


di Antonella Mattioli


BOLZANO. Di sera lavora nella sala Bingo di via Resia, di giorno frequenta il Conservatorio Monteverdi dove studia canto. Hamidreza Shabani, 34 anni iraniano, è abituato a sognare in grande: «Voglio diventare un cantante lirico di fama internazionale. E ci riuscirò. Io sono un basso, lui era un tenore ma il mio mito è Pavarotti: grande voce, grande carisma». La Bbc dedicherà una puntata di «Max», il programma sui giovani talenti, proprio a Hamid: la groupe sarà a Bolzano la prossima settimana.

Come nasce questa passione?

«Ho cominciato a cantare da piccolo. Mia zia Azam Kianmehr, a sua volta cantante e pittrice, mi diceva che dovevo studiare e diventare un cantante lirico. Ma allora non sapevo cosa fosse l'opera e neppure mi interessava. Mi sono appassionato dopo i 20 anni anche grazie alla mia maestra, Hasmik Karapetian».

In Iran faceva già il cantante lirico?

«No. A Teheran, dove sono nato, lavoravo in banca. Avevo tutto quello che uno può desiderare, ma io volevo fare del canto una professione. Volevo fare l'opera: calcare i palcoscenici in giro per il mondo».

E in Iran non era possibile? «No. Perché l'opera presuppone che in scena ci siano uomini e donne assieme e questo non è ammissibile. Avrei dovuto accontentarmi di fare dei concerti, non mi bastava».

Da quanti anni vive in Italia?

«Dall'estate del 2009: ho scelto l'Italia perché è la patria dell'opera».

Va bene l'Italia, ma come mai proprio Bolzano?

«Il regista del film «Shabanerooz» mi aveva chiamato a cantare Besame mucho. La pellicola ha riscosso un grande successo in Iran e da lì sono arrivati inviti ad una serie di concerti. Grazie a due amici, Abdoreza Soleymani e Hosein Hajali, sono andato a cantare al Consolato italiano. È stato il console De Martino a dirmi che dovevo venire a studiare in Italia e mi suggerì Bolzano».

Mai sentito parlare immagino di Bolzano.

«L'Italia per me era sinonimo di Roma, Venezia, Firenze, Milano. Bolzano non l'avevo mai sentito, ma il console mi disse che qui avrei trovato l'ambiente giusto per crescere e migliorarmi. Ho pensato: vado e provo. Se non mi piace cambio. Questo nonostante i miei amici mi dicessero: sei pazzo, lasci Teheran dove hai tutto».

E invece?

«Il 29 agosto del 2009 quando sono uscito dall'aeroporto di Bolzano mi sono guardato intorno: ho visto il verde, ho annusato l'aria e mi sono sentito a casa. La prima sensazione è quella che conta».

Qui non conosceva nessuno.

«No. Mi sono sistemato al Rainerum e ho cominciato a frequentare subito il Conservatorio Monteverdi. Il mio professore è Ennio Capece ma prendo lezioni anche dai professori Brunetti e Anselmi. La strada per arrivare al top è ancora lunga: ci vuole molta tecnica. Ma non basta: per fare l'opera devi essere un po' cantante e un po' attore».

Lirica e Bingo come si conciliano?

«Sono due mondi completamente diversi, ma nella sala Bingo ho imparato molte cose e comunque è un lavoro che mi consente di mantenermi e realizzare il mio sogno».

Come l'ha trovato?

«Alessandro, bidello del Rainerum, mi ha presentato il direttore della sala Bingo Roberto Lembo e dopo due-tre mesi che ero a Bolzano avevo già un lavoro. Ricordo ancora il giorno in cui mi sono presentato al colloquio. L'italiano non lo parlavo bene e mi sono preparato per non fare brutta figura».

Più tornato a Teheran?

«Quest'estate per il matrimonio di mio fratello».

Nostalgia di casa?

«A Bolzano vivo bene perché è una città tranquilla. Adesso ho trovato una buona sistemazione nello studentato di via Weggenstein. Ma quando sono tornato a casa ho riassaporato il piacere di essere coccolato da mamma e zia».

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