IL CASO

Denuncia donna disabile in carrozzina 

Graziella Lionetti: «Una signora mi accusa di averla urtata e fatta cadere, ma ero ferma. È una vicenda che mi amareggia»


di Antonella Mattioli


BOLZANO. «Qualche giorno fa, in casa di riposo, sono arrivati i vigili a raccogliere la mia versione dei fatti e ho scoperto che quella signora mi aveva denunciata, accusandomi di averla urtata con la carrozzina e fatta cadere in piazza delle Erbe, il pomeriggio del 5 gennaio. Sono assicurata, ma ciò che è successo mi ha amareggiata. Ne parlo con un’unica speranza: evitare che altri possano approfittare di persone indifese come me». Graziella Lionetti, 60 anni bolzanina, ha lavorato per anni come commessa alla Upim di via della Posta: prima il settore abbigliamento, poi la cosmetica. Una vita normale fino al 2009 quando tutto è cambiato all’improvviso: «Ho ricevuto una telefonata, ho appoggiato la cornetta all’orecchio e mi sono resa conto di non sentire più nulla. Preoccupata sono corsa dall’otorino che però non aveva rilevato nulla di particolare. Solo una successiva risonanza magnetica aveva individuato la vera causa di quell’improvvisa sordità: un tumore alla colonna cervicale. Era benigno ma a rendere ad alto rischio l’intervento era la posizione. Sono stata operata a Padova da un bravo neurochirurgo: sono viva, non si è riusciti però ad evitare le conseguenze dell’operazione. Mi sono trovata immobilizzata a letto: capivo tutto, ma non mi muovevo più».

Poi il lungo cammino della riabilitazione: fatto di tante speranze e di poche certezze. Non è più bloccata a letto, però ha dovuto dire addio, probabilmente per sempre, ad una vita autonoma.

«Ho cercato di difendere almeno un po’ della mia indipendenza. Fino a quando ho potuto, sono rimasta a casa mia, con l’aiuto ovviamente di una badante. In autunno però mi sono dovuto arrendere e sono entrata in casa di riposo: prima a Villa Europa, adesso in quella di via della Roggia».

È dura a 60 anni dover vivere in una struttura che, per quanto bella, ospita persone in genere molto più in là negli anni e quindi con problemi, esigenze, aspettative diverse.

«Io - racconta Lionetti - ho ancora tanta voglia di vivere, ma purtroppo in Italia non ci sono strutture pensate per persone come me che, pur non essendo più del tutto autonome, sono ancora relativamente giovani».

Appena può dunque ne approfitta per uscire con la sua carrozzina elettrica e andare in mezzo alla gente.

È stato così anche il pomeriggio del 5 gennaio. «Ero in piazza Erbe e avevo acceso le luci perché erano ormai le 16.30 e cominciava a fare buio. Ero ferma e stavo parlando con la mia amica: volevamo entrare in un bar a prendere un caffè, ma c’era il problema del marciapiede e poi alle 17.30 dovevo già essere in casa di riposo per la cena. È stato in quel momento che ho sentito che la carrozzina veniva urtata e poi le urla di una signora finita a terra. Mi ha aggredita in malo modo, accusandomi di averla fatta cadere. Ho cercato di spiegarle che ero ferma e che forse lei, in un attimo di distrazione, e non si era accorta della carrozzina. Una passante, che ho poi scoperto essere un medico, ha soccorso la signora e ha cercato di tranquillizzarla dicendole che aveva solo qualche botta».

Graziella Lionetti pensava che tutto fosse finito lì. Invece il giorno dopo è arrivata la telefonata: «La signora mi ha detto che aveva delle costole incrinate e che voleva i dati della mia assicurazione. Poi sono arrivati i vigili urbani. Non so come andrà a finire. Quello che è certo è che questa vicenda mi ha lasciato dentro una grande amarezza, perché ho avuto la sensazione che si sia voluto approfittare di una situazione come mia».

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