Politica e ambiente

E i fanghi minacciano di travolgere la Svp


Marco Rizza


Una valanga di «no» si sta abbattendo sulla proposta di costruire un impianto di smaltimento dei fanghi in Bassa Atesina. Nascono comitati civici, si raccolgono firme, si lanciano appelli. Le maggioranze nei consigli comunali vanno in frantumi. Si dirà: è una protesta circostanziata. Locale. Periferia dell’impero. Ma la popolazione della periferia, in Alto Adige, è il corpo sociale della Svp. E così questa storia non è solo un capitolo della sagra «Nimby», «non nel mio cortile»: è anche lo specchio della crisi politica della Svp. È la replica di quanto sta succedendo in val d’Isarco col tunnel del Brennero, o tra Laives e la Bassa per l’aeroporto. Anche qui la Volkspartei è stata messa all’angolo e non sa come uscirne.

E quindi: sarà pure una protesta locale, ma è anche il simbolo della crisi di un sistema. Qualcosa nel partito di raccolta si è rotto e i cocci si stanno spargendo ovunque. I fatti. La depurazione delle acque di scarico produce in Alto Adige ogni anno oltre 50 mila tonnellate di fanghi, che vanno a loro volta smaltiti: per anni sono stati trasportati presso inceneritori della pianura padana (pagando il servizio e il trasporto), ora il «Piano provinciale dei rifiuti» ha previsto la creazione di due impianti anche da noi per trattarne almeno una parte. Strutture che bruciano i fanghi e «restituiscono» al Comune ospitante calore ed energia - e pure soldi, provenienti dai Comuni che conferiscono i fanghi. Un impianto di questo tipo c’è già, a San Lorenzo di Sebato in val Pusteria. L’altro sorgerà (dovrebbe sorgere) in Bassa Atesina per smaltire i fanghi di Bassa, Bolzano e Burgraviato. L’impianto doveva essere costruito dalla Ecocenter a Termeno, dove la società disponeva già del terreno adatto. E fino a qualche anno fa - quando la Provincia mandava di notte gli operai ad abbattere gli alberi davanti al Museion di Bolzano, nonostante il no del Comune - la partita si sarebbe chiusa così. Ma la Svp non è più quella di allora. Fatica a trovare unità al suo interno, e fatica ancora di più a convincere la popolazione. Pure nei paesi. Così il consiglio comunale di Termeno, fiutata tra la gente aria di contestazione, ha detto semplicemente di no. O meglio: ha detto sì purché i fanghi arrivino solo della Bassa e da Bolzano. Il Burgraviato si organizzi per gli affari suoi. Impossibile, ha risposto la Provincia.

Conclusione: Termeno si è tirata fuori. Termeno e anche la Ecocenter. Ora l’impianto sarà assegnato a un privato tramite gara europea. E i concorrenti potranno partecipare solo dimostrando di avere la disponibilità di un terreno, il che significa il parere positivo del Comune che dovrà ospitare la struttura. Dopo il «no» di Termeno la palla passa ad Aldino ed Egna, ma il copione non cambia. Scoppia anche qui la protesta popolare. Ad Aldino nasce un comitato civico che raccoglie 200 firme contro il progetto. A Egna ne nasce un altro che di firme ne raccoglie 700. Si spaccano anche i consigli comunali. Aldino dà un parere di massima positivo, ma solo con 8 voti contro 7. A Egna scontro altrettanto duro. Il sindaco chiede al consiglio il parere positivo su un progetto specifico (della ditta Ecorott) e la maggioranza crolla: la delibera passa - riempita all’ultimo istante di clausole e distinguo - ma l’opposizione, quasi tutto l’Ulivo e anche due esponenti della Svp votano contro. Subito dopo tocca a Bronzolo. Una «idea-studio» viene presentata al sindaco da un progettista privato: si tratterebbe di costruire l’impianto nell’area della ex discarica, tra Bronzolo e Ora.

Nemmeno il tempo di farci un titolo sul giornale che gli Öbmanner Svp locali salgono sulle barricate: «Non se ne parla, qui i fanghi non li vogliamo». Un «no» dopo l’altro. E non solo dai comitati, dalle liste civiche, dalle opposizioni di destra, dagli ambientalisti, dai verdi, dai «no-tutto». C’è anche una bella fetta di Svp «locale» che si mette di traverso e non vuole retrocedere. Difficile immaginare una via d’uscita. Anche perché il caso-fanghi è, come si diceva, la spia di una crisi generale. Esattamente la stessa cosa accade con l’ampliamento dell’aeroporto: l’intera Svp della Bassa lo osteggia ed è riuscita (non da sola) a paralizzare ogni decisione e a spingere la giunta provinciale a un’inedita «mediazione» che nessuno sa a cosa dovrebbe portare. Così come in alta Val d’Isarco la Svp è costretta a organizzare un «tour» di Durnwalder per paesi e frazioni per convincere i suoi furibondi funzionari della bontà del progetto del tunnel di base - mentre assessori e sindaci Volkspartei del circondario non sanno più come fare per tenere buoni «i loro».

Insomma: la crisi del partito di raccolta ha cambiato palcoscenico. Prima le tensioni esplodevano soltanto nelle riunioni a porte chiuse e all’esterno ne arrivava solo l’eco. Ora la crisi si estende e si rispecchia nelle scelte concrete quotidiane dei Comuni. Davanti agli occhi di tutti. E soprattutto in territori «di periferia» dove fino a ieri il consenso era bulgaro. Il partito-contenitore fatica a reggere. Per evitare il tracollo alle provinciali del 2008, in via Brennero dovranno inventarsi qualcosa di più creativo dei soli appelli all’unità dei sudtirolesi













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