Export e ricerca: Alto Adige indietro

Bene Pil e occupazione, male innovazione e internazionalizzazione


Mirco Marchiodi


BOLZANO. Nonostante sia la provincia più ricca d'Italia, l'Alto Adige non riesce a tenere il passo di altre realtà italiane su innovazione ed export. Sono queste le due sfide da affrontare nel prossimo futuro da imprese e politica, stando ai dati del rapporto sull'economia presentato ieri dall'Astat.
Oltre duecento pagine fitte fitte di dati e tabelle. Il rapporto sull'economia dell'Alto Adige presentato ieri dall'Astat offre una fotografia completa sullo stato di salute del territorio bolzanino. Uno stato di salute - questo dicono i numeri - che oggi è molto buono, ma che guardando al futuro presenta diverse criticità proprio nei settori definiti strategici. «Lo scopo di questo studio - sottolinea il direttore dell'Astat Alfred Aberer - è quello di mettere in luce i punti di forza e di debolezza dell'economia locale».
RICCHEZZA AL TOP. L'Alto Adige si conferma un territorio con un benessere superiore alla media, sia che si consideri il Pil pro capite sia che si guardi al valore per unità di lavoro. Con 34.400 euro il Pil pro capite altoatesino è il più alto d'Italia, mentre calcolando lo stesso valore rispetto alle unità di lavoro e non alla popolazione, Bolzano perde qualche posizione ma con 64.800 euro per dipendente resta comunque tra le prime realtà italiane (in testa c'è il Lazio con 70.300 euro).
Il prodotto interno lordo è destinato a crescere anche nel 2011: secondo la Camera di commercio oltre l'1%, secondo l'Astat in misura pari all'1,7%. «Le nostre previsioni sono leggermente diverse - spiega Aberer - perché si basano su dati differenti. Siamo comunque convinti che l'economia altoatesina crescerà ancora. Le ripercussioni negative derivanti dagli ultimi avvenimenti internazionali non dovrebbero cambiare molto questo quadro, ma probabilmente andranno ad influire negativamente sulla crescita del 2012».
Parte importante del Pil è generato dalle imprese: nel 2008 il fatturato complessivo delle aziende altoatesine era pari a 29,9 miliardi, con un fatturato per addetto di 164 mila euro (la media nazionale è di 180 mila euro). Ma la ricchezza porta con sé anche costi più alti: così come i consumatori devono fare i conti con l'inflazione e i prezzi più alti d'Italia, le imprese hanno un costo del lavoro che con quasi 34 mila euro è nettamente superiore alla media nazionale di 32.887 euro.
Una conferma positiva arriva dai dati sull'occupazione: sia il tasso di occupazione generale sia quello femminile sono tra i più alti in Italia e nettamente superiore anche alla media europea.
EXPORT E RICERCA. Per mantenere il proprio benessere, così sottolineano da mesi i rappresentanti del mondo economico, l'Alto Adige deve puntare su ricerca ed export. Com'è messa la provincia di Bolzano riguardo a questi due fattori?
«In Alto Adige - evidenzia il vicedirettore dell'ufficio statistiche economiche Ludwig Castlunger - possono essere classificate come "innovatrici" il 26,9% delle aziende. Si tratta di quelle imprese che sono riuscite ad introdurre con successo nuovi prodotti o nuovi processi». Una percentuale che colloca Bolzano al dodicesimo posto in Italia, dietro non solo alle prime della classe come la Lombardia, l'Emilia Romagna, il Trentino e tutte le altre regioni del Nord (Aosta esclusa), ma in ritardo anche rispetto a Marche, Puglia, Sardegna e Basilicata e nettamente al di sotto anche della media italiana, pari al 30,2%.
Non sono incoraggianti nemmeno i dati relativi all'internazionalizzazione. «Nonostante una posizione geografica che dovrebbe favorire gli scambi commerciali con l'estero - dice Castlunger - i risultati appaiono modesti. L'indice che misura la capacità di esportare risulta infatti più basso rispetto alla media nazionale». Qualche dato: la quota di export sul Pil nel 2009 era pari al 16% (19,6% la media italiana, 30,8% il valore più elevato in assoluto fatto registrare dal Friuli) e la crescita fatta registrare nel 2010 (più 20,2%) ha ridotto solo parzialmente il gap rispetto al resto d'Italia.
Preoccupa anche un altro dato: delle oltre 40 mila imprese attive sul territorio, solo 1.853 esportano. Di più: la metà dell'export complessivo è generato dalle 26 aziende maggiori, mentre le più piccole fanno fatica ad uscire dai confini provinciali.
I prodotti che contribuiscono in misura maggiore all'export sono quelli agricoli (soprattutto le mele, ma nella top ten si trovano anche i vini, i succhi di frutta e altri alimenti di origine vegetale), mentre il settore produttivo è presente con parti meccaniche per veicoli, silicio, ferramenta e mobili.
COMPETITIVITÀ. L'indice che misura la produttività (il valore aggiunto per addetto) è molto buono: mentre in media le imprese italiane generano 41 mila euro di valore aggiunto per addetto, quelle altoatesine arrivano a 46 mila. Ma nonostante questo dato positivo, l'efficienza dei processi produttivi non è abbastanza elevata, come dimostra la competitività di costo, data dal rapporto tra valore aggiunto per addetto e costo del lavoro. «Per l'Alto Adige - spiega Castlunger - l'indicatore ammonta a circa 135 euro. Questo significa che ogni 100 euro versati per un dipendente, l'impresa realizza 135 euro di valore aggiunto. Siamo sopra la la media nazionale di 126 euro, ma se guardiamo al valore medio dei 27 Stati dell'Ue, che è pari a 153 euro, il discorso cambia. Per mantenerci in linea con i concorrenti dell'Europa centrale e orientale bisogna aumentare il valore aggiunto, visto che è difficilmente ipotizzabile ridurre gli stipendi».

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