commercio

Festivi, commesse a rischio precettazione

Tre dipendenti di una multinazionale si sono licenziate: «Lavoravamo più di dieci ore al giorno. Non è più vita»


di Valeria Frangipane


BOLZANO. Altro che la battaglia “sabato aperto” “sabato chiuso” di qualche anno fa. La tendenza è aprire sempre - anche nei festivi - facendo pure orario continuato. E per farlo o si trovano dipendenti che accettano di lavorare o se nessuno si rende disponibile il rischio della precettazione aumenta. E stiamo andando in questa direzione. Lo sa bene Antonella Costanzo (Filcams/Cgil) che ricorda come «la precettazione prevista dalla legge per assicurare livelli di funzionamento dei servizi pubblici essenziali... nel settore privato peggiora e si trasforma in accanimento». E siamo all’accanimento.

In meno di cinque anni a Bolzano è cambiato il mondo. Fino a poco fa si discuteva della necessità di tenere aperto il sabato pomeriggio per ravvivare un centro semideserto - poco in sintonia con una città ad alta vocazione turistica - poi a settembre e novembre 2012 H&M e Zara hanno aperto i battenti, costretto a chiudere molti negozi e tirato la volata a tutta una vasta serie di marchi internazionali. E adesso il problema non è più del “tutto chiuso” ma del “troppo aperto”, anche nei festivi. É successo a Pasqua - a dire il vero con pochissimi negozi aperti (Zara, Mac, Kiko, Womo, Yamamay e pochissimi altri) - mentre ieri, lunedì di Pasquetta ha trionfato il “tutto aperto” e parliamo ancora una volta di centri commerciali (hanno lavorato molto bene sia il Twenty che il Centrum), grandi catene e grandi supermercati.

«A Pasqua ci ha ben sorpreso il gruppo Aspiag Despar che ha scelto di tenere chiuso. Va detto che avevano raccolto circa 250 dichiarazioni di “non volontarietà al lavoro festivo” ma avrebbero comunque potuto decidere diversamente». Forse non hanno voluto andare allo scontro dopo che a febbraio la Corte d'appello di Trento ha stabilito che il lavoro festivo (in tutto si tratta di 12 giorni l'anno) «non è obbligatorio, ma facoltativo». O forse Aspiag (che ha presentato comunque ricorso in Cassazione) non ha voluto tirare la corda. Va sempre detto che il gruppo pubblica annunci per lavorare nei weekend con studenti di scuola superiore o studenti universitari - sempre e solo maggiorenni - con contratto di lavoro part time di 8 ore. Il grosso problema - precisa Costanzo - non è comunque quello della grande distribuzione alimentare - che ha al suo interno dipendenti sindacalizzati - ma delle multinazionali dell’abbigliamento aperte ad orario continuato 7 giorni su 7. E per molti lavoratori - anche se giovanissimi - uno sforzo immane. «In questa settimana un grosso gruppo che lavora all’interno del Twenty ha visto licenziarsi tre dipendenti tra i 25 ed i 30 anni. Lavoravano più di 10 ore al giorno e non ne potevano più. “Questa non è vita”, ci hanno detto. O ci ammaliamo o ci licenziamo. E l’hanno fatto». Ma perché i sindacati non varcano i confini delle multinazionali?

«Perchè il Jobs Act ha creato contratti a tempo indeterminato dove ti posso licenziare pagando due/tre mensilità. E allora succede che il dipendente spesso del Centro o del Sud Italia che punta ad essere avvicinato a casa, deve rigare dritto, deve essere disponibile. E non lo fa certo dicendo di no o sottraendosi al lavoro festivo. É un lavoratore fragile, spesso ricattabile. E in queste condizioni che battaglie sindacali volete fare?». E intanto le prossime feste - 25 aprile e primo maggio - si annunciano altre aperture ad oltranza. «Sì è proprio così purtroppo, da un primo giro di telefonate ci risulta questo». Una volta il primo dell’anno, la Befana e ancora Pasqua, Pasquetta, 25 aprile, primo maggio, 2 giugno, Ferragosto, primo novembre, 8 dicembre, Natale e Santo Stefano ... erano sacri. Adesso no, si lavora.













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