ARTIGIANI DEL GUSTO

Flavio Anzil, il cioccolato vissuto alla «vecchia maniera»

Ad Appiano (Bolzano) il pasticciere italiano che insegna agli arabi come si fanno le praline


di Luca Fregona


APPIANO (Bolzano). «Il cioccolato deve essere dolce, col rapporto giusto di cacao. La mania della cioccolata all’80% di cacao, è una moda che sta già finendo». Flavio Anzil guarda le macchine sputare cioccolato fuso.

Bianco, marrone, nero, esce a fiumi. Sembra di essere nel film di Tim Burton, La Fabbrica di cioccolato, ma qui non ci sono gli Umpa Lumpa a menare torroni, sfornare cioccolatini e caramellare canditi. Qui, nella sua pasticceria in vicolo del Sole, ad Appiano, fa tutto lui. Flavio Anzil, anni 58.

«Vedi? - indica il cioccolato che gira e rigira tra le pale della macchina “temperatrice” -adesso è fuso. Io lo prendo, lo stendo e poi lo lavoro tutto a mano. Hai pochi minuti prima che si cristallizzi per dargli la forma che vuoi...». Tipo lo splendido presepe pronto per essere consegnato ad una signora di San Paolo. Anzil parla secco, perché il concetto sia chiaro. «Primo: io lavoro la cioccolata alla “vecchia maniera”. Secondo: uso solo prodotti freschissimi a chilometro zero. Terzo: non uso l’abbattitore per le torte, perché i miei dolci vanno via subito in giornata. Non finiscono nel frigo».

Flavio Anzil è diventato maestro cioccolatiere dopo una lunga gavetta come barman, gelatiere e poi pasticciere.

È un tipo tosto, abituato a lavorare sodo e poco incline ai compromessi. Tanto tosto, lui meranese figlio di un friulano, da aver aperto una pasticceria, il “Chicco Allegro”, nel centro storico di San Michele Appiana. L’unica pasticceria della frazione, e per di più “italiana”. «I primi anni sono stati duri - ammette -. Farsi accettare non è stato facile. La cosa mi fa anche un po’ ridere perché mio nonno materno di cognome faceva Murer ed era di Termeno. Ma, nonostante certe resistenze, ce l’abbiamo fatta». Usa il plurale, Flavio e abbraccia teneramente la moglie Alessandra, che gli sta sempre accanto.

«Questo posto lo abbiamo tirato su insieme...». È stata una sfida e una scelta di vita. «Io, diventato pasticciere, lavoravo di notte, lei, che faceva l’infermiera, di giorno. Non ci vedevamo mai. Quando abbiamo deciso di metterci in proprio, Sandra si è licenziata. Oggi siamo io e lei, e due lavoranti che ci danno una mano».

Un curriculum che fa spavento, quello di Anzil: premi su premi come gelataio e maestro pasticciere (terzo al Grand Prix di Berlino nel 2007). Ma la sua grande passione resta il cioccolato. Gira il mondo a tenere corsi e stage su come si fanno i cioccolatini e su come si mette il cioccolato a “tempera”, al grado giusto di fusione per essere poi lavorato. L’esperienza più incredibile a Riyad, chiamato da un petroliere a insegnare l’arte a 30 pasticcieri di altrettanti punti vendita sparsi per l’Arabia Saudita. «Gli ho fatto vedere come si fanno le praline senza alcol e grassi animali. È un mercato pazzesco. Regalano ceste piene ai matrimoni e ai funerali. Un chilo di praline lo vendono a 130 euro al chilo».

Flavio Anzil ti racconta la sua storia, mentre immerge gli Spitzbuben nella cioccolata liquida. «La passione per i dolci me l’ha trasmessa mia nonna materna, che cucinava in casa. Io guardavo e imparavo. Sono un autodidatta guidato dalla passione». Nel 1963 suo papà Daniele apre la gelateria “Caffè Giardino” a Merano, accanto al Kursaal. Flavio inizia a lavorare che ha ancora i calzoni corti. Dal 1974 al 1981 la gavetta viaggia su due binari. «Dal 19 marzo al 31 ottobre stavo con mio padre al Giardino, d’inverno ero invece secondo barman al Palace Hotel». Al “Giardino” si fa le ossa come gelatiere (Merano era una mecca del gelato grazie ai maestri di Zoldo in Cadore). Va anche a bottega dai Manin di Belluno. «Ho imparato tutto, compresi i sorbetti e semifreddi. Ma molto di quello che so, lo devo a Giuseppe Arnoldo», il maestro gelatiere di “Costantin” sulla passeggiata Lungo Passirio.

Anzil impara i “due comandamenti”: uova sempre fresche, e niente basi. «Credo di essere rimasto uno dei pochi a farlo ancora così». Al Palace fa il barman sotto il “tutoraggio” di Robert Thöni, cugino di Gustav, all’epoca uno dei venti migliori barman d’Italia. «Un grandissimo, se penso che ora con Chenot al massimo ti danno un succo di carote, mi viene male...». Ma il Palace è anche una finestra sul Bel Mondo. Lucio Dalla, i giocatori del Milan, Susanna Agnelli che tirava al bancone fino a notte fonda... «Andreotti tutte le sere voleva il tè di menta alle 23. Voleva che glielo portassi io. Ogni sera diceva a suo genero di darmi diecimila lire di mancia. Che erano bei soldi».

Nel 1981 viene chiamato dalla “stella Michelin” di Fontana Bianca (Val d’Ultimo) Giancarlo Godio a Budapest, per curare dessert, gelateria e semifreddi ad una cena della nomenclatura ungherese.

Intanto perfeziona l’arte del cioccolato con due dei più grandi maestri italiani, il genovese Antonio Le Rose (che gli “passerà” la passione per i presepi di praline), e il piemontese Sergio Canepa.

Nel 1993, la svolta, Anzil lascia il Caffè Giardino, ed apre ad Appiano. Prima la pasticceria Mary per 18 anni, e poi il “Chicco”. «Vedi?, qui c’era un salone d’estetista, io ho sventrato tutto e tirato fuori il mio laboratorio. Con queste mani. Tutto a rigorosa norma di legge, locali separati per la produzione di gelato e dolci». Lo dice perché per lui il rispetto delle regole è fondamentale. «E in giro vedo tanti che se ne fregano». Flavio Anzil è un anarchico del cioccolato («Non sono iscritto a nessuna associazione di categoria), il “Chicco” è la repubblica indipendente dove si fanno le cose alla “vecchia maniera”, come dice lui. «La produzione industriale ammazza il gusto, per me “piccolo” è meglio. Io faccio una torta e il cliente la passa a prendere. Lavoro su ordinazione, non ho “rese”. Non serviamo nessuno, non vendiamo ad altri bar o pasticcerie. Non siamo un’industria ma una pasticceria all’antica».

Anzil con la cioccolata fa tutto, la sua grande passione sono i presepi di ogni tipo, dimensione e colore. Fa anche acquari, castelli, paesaggi, persino i tempi buddisti. «Prima traccio il disegno su carta, poi prendo il cioccolato fuso, lo stendo con la spatola, metto le forme di cartone e creo». Sul bancone dei dolci c’è una slitta di Babbo Natale poggiata - spiega - «su un sasso di cioccolato marmorizzato bianco e nero, dove i “cuneesi” che fanno da ornamento». I “cuneesi” sono dei cioccolatini deliziosi al rum incastonati in una specie di sandwich di meringa. Lui li sa fare così bene che è l’unico non piemontese ammesso di diritto all’Associazione “Amici della Provincia Granda”, la confraternita del “cuneese” doc. Quanto conta la tecnica e quanto la creatività? «Cinquanta e cinquanta. Il nostro mestiere non è una scienza esatta, bisogna avere idee e sapersi anche innovare». Anzil ha idee molto precise in fatto di gusto e “manie”. «Questa cosa della cioccolata all’80% di cacao è una moda decotta. Il cioccolato deve essere anche dolce. Ai bambini piace quello bianco o al latte, gli adulti preferiscono il fondente. Ma io sono dell’avviso che la massa di cacao non deve superare il 56%. Poi, per carità, se il cioccolatino deve accompagnare un cognac allora può essere anche più alta». Anzil mescola le due scuole, italiana e tedesca. «Sulle torte, ad esempio, mi chiedono molte Linzer o Sacher, ma faccio anche il Babà alla maniera dell’isola di Ischia».

Bolzano, i presepi di cioccolato del pasticciere Flavio Anzil

APPIANO (BOLZANO). Curati nei minimi dettagli e di cioccolata di altissima qualità, sono i presepi fatti a mano (senza stampi) del maestro cioccolatiere Flavio Anzil nel suo laboratorio "Il Chicco Allegro". LEGGI LA STORIA

Per la cena della vigilia o il pranzo di Natale, consiglia, ovviamente, di chiudere con la cioccolata. «Una torta di mousse al cioccolato. Ma anche un “After Eight”originale alla menta, o una pralina allo zafferano. Magari accompagnata con un buon brandy. L’importante è che sia tutto fatto alla...». Vecchia maniera.













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