Folla al Filmclub per scoprire il caso Moro

Sala piena per ascoltare Gero Grassi (commissione d’inchiesta): «Non l’hanno ucciso solo le Br»



BOLZANO.

C’è un deputato che ha deciso di dedicare la propria vita professionale ai misteri del caso Moro. Gero Grassi studia migliaia di documenti e gira l’Italia per raccontare le scoperte della commissione d’inchiesta parlamentare sul caso Moro, di cui è colonna portante. Duecento serate in meno di due anni. Sabato sera Gero Grassi (Pd) era a Bolzano, invitato da Florian Kronbichler (Sel), segretario della commissione d’inchiesta. Grassi ha trovato una sala piena al Filmclub, con persone sedute sui gradini e tanti giovani. «È così ovunque vada», racconta la collega Luisa Gnecchi. Grassi, origini pugliesi come Aldo Moro, compensa così l’attenzione distratta che i media stanno dedicando ai lavoro della commissione dedicata al rapimento, alla strage della scorta e all’omicidio dello statista democristiano nella primavera del 1978 a Roma. «Dicono che su Moro si sa già tutto, invece ogni giorno scopriamo qualcosa di nuovo», racconta Grassi. Qualcosa di nuovo e di molto brutto. Grassi sposa totalmente la teoria secondo cui le Brigate rosse non furono solo infiltrate, ma anche manipolate da organismi dello Stato. E il caso Moro sarebbe l’apoteosi di questo violento imbroglio. Non a caso la conferenza, che è una sorta di orazione civile con proiezione di fotografie, è intitolata «Il delitto di Aldo Moro. Servizi e segreti». Moro doveva morire, è la tesi, perché l’alleanza atlantica non accettava la sua linea:avvicinare i comunisti al governo, normalizzarli. I brigatisti, ricorda Grassi, «si sono contraddetti perfino sulle modalità dell’esecuzione». I brigatisti, «bugiardi e criminali». E bugiardi tanti politici e «servitori» dello Stato. Durante la prigionia «Moro venne lasciato solo, insieme alla famiglia e pochi amici». Moro è morto, «ma quando tornerete a casa raccontate di lui, perché nessuno sarà libero, finché non conosceremo la verità». (fr.g)













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