Fortezza e il nemico inesistente

La costruzione, 175 anni fa: il cantiere più grande d’Europa


di Georg Von Metz Schiano


FORTEZZA. Quando si tratta del forte di Fortezza allegorie e metafore da sempre prevalgono su ogni fredda descrizione. L’immagine che più di ogni altra ricorre è quella della fortezza Bastiani del “Deserto dei tartari” di Buzzati. Anche lì un’opera ciclopica d’ingegneria bellica fronteggia un nemico che mai compare vivendo della gloria di una mera rappresentazione. Lo stupendo acquerello del pittore di corte asburgico Eduard Gurk raffigurante la cerimonia d’inaugurazione di cui si è festeggiato venerdì a Fortezza il 175esimo anniversario consente però di allargare ulteriormente il quadro allegorico.

Sarà per il colore terreo delle pendici spoglie, sarà per quelle figure di militari che sembrano disperdersi in alto, sarà per quella bandiera al vento che dovrebbe garrire con indomita fierezza e invece si staglia come un estremo disperato vessillo, ma l’immagine di Gurk riecheggia la mitica vicenda di Fort Alamo, e il “Deguello”, l’inno della lotta senza quartiere, sembra già intonato dalle forze, non sempre limpide, che si coalizzeranno per demolire l’Impero asburgico.

Commissionato dall’imperatore Francesco I e costruito in soli 5 anni, tra il 1833 e il 1838, questo baluardo imponente stupisce ancor oggi per le cifre che lo sostanziano: sino a 4.600 uomini al lavoro in quello che all’epoca fu il più grande cantiere d’Europa, 20 milioni di mattoni, 250 mila metri cubi di granito e, se i confronti possono avere un senso, qualcosa come 400 milioni di euro di costo. Tutto per niente, verrebbe da concludere, se non ci ritrovassimo oggi con un monumento che anticipa (in modo un po’ tetro, a dire il vero) il minimalismo tanto caro agli attuali strateghi delle architetture nostrane e quindi si presta in modo stupefacente per la musealizzazione “à la page”.

Di questo hanno parlato i politici intervenuti alla cerimonia. Poi hanno avuto via libera gli storici, Mainrad Pizzinini dell’Università di Innsbruck e Nicola Fontana del Museo della Guerra di Rovereto. Dai dati scientifici sono emersi ancora una volta paradossi e nemesi dell’ingegneria bellica: il forte era stato realizzato per proteggere l’impero verso sud, nel timore di una replica dell’audace strategia aggirante di Napoleone. Nulla di tutto questo si è mai verificato e così della prevista guarnigione di ben 1.200 uomini, la gran massa di granito arrivò ad ospitarne al massimo una settantina.

L’unico fuoco d’artiglieria che le possenti mura dovettero sopportare fu quello amico in occasione del collaudo di . nuovi pezzi, a testimonianza della sua inutilità sancita dagli eventi a lavori ancora in corso. Per la nascita e lo sviluppo del paese di Fortezza furono di gran lunga più importanti le realizzazioni della linea ferroviaria del Brennero (1867) e della Pusteria (1871). Per far passare i binari (la civiltà di tanto in tanto si prende le sue rivincite) dovettero essere demoliti muraglioni che costituivano una parte integrante delle opere difensive. Insomma, pur con l’avvedutezza d’altri tempi che impedì agli Asburgo di gettare al vento una massa ancor più considerevole di denaro, il forte di Fortezza resta un faraonico monumento alla storia che non ha mai preso il diploma di maestra.

Ma tutto sommato ci è andata ancora bene. Nicola Fontana, documenti alla mano, ha dimostrato come negli ambienti militari austriaci si accarezzasse l’idea di demolire il castello di Rodengo, il convento di Sabiona e la chiusa di Rio Pusteria per sostituirli con imponenti opere di difesa. Le pendici di Costa d’Elvas a Bressanone avrebbero dovuto diventare una cascata di rivellini culminante in un’immane roccaforte sull’altipiano di Sciaves. Forse è ad opere come queste che pensano coloro per i quali la funivia della Plose a sorvolo della conca cittadina potrà essere un richiamo per i turisti amanti delle sensazioni forti.

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