Il caso

Fuga dalla scuola in Alto Adige: 629 ritirati 

I no mask promuovono l’educazione parentale accusando una «dittatura sanitaria». Numeri record negli istituti tedeschi. Dalla Provincia una stretta sulla legge che regola l’homeschooling. L’Intendenza: «Così si sottraggono ai minori possibilità di crescita anche sociale»


Sara Martinello


BOLZANO. Quaranta nella scuola italiana, 20 in quella ladina, 569 in quella tedesca. Bambini e ragazzi in regime di homeschooling, o educazione parentale, modello per molti versi in conflitto con l’istituzione pubblica ma apprezzato da famiglie no mask. Con un articolo di legge inserito nella variazione del bilancio di previsione 2021-2023 la giunta provinciale ha dato un giro di vite sulla normativa, per arginare la fuga dalla scuola in direzione di un’istruzione impartita tra le mura domestiche. Proprie o altrui, nel silenzio immacolato delle periferie.

Le famiglie.

Dici homeschooling e la mente va agli Stati Uniti, bambini attorno a un tavolo in un ranch nel deserto o in una comunità religiosa chiusa o nomade, o coi piedi a mollo nel Mississippi. Ma siamo in Alto Adige ed è il 2021, gli ultimi due anni scolastici si sono trascinati zoppicanti. Così alcuni genitori ostinatamente no mask o in polemica col governo richiedono l’educazione parentale per i loro figli. Per ragioni lavorative o per simulare un’uniformità di insegnamento, se si può si formano piccole classi, a volte incentivate da gruppi organizzati. Sulla pagina Facebook di un gruppo già attivo in manifestazioni no vax e no pass, dallo scorso maggio sono stati pubblicati diversi post che pubblicizzavano una piattaforma di “free schooling”. Nelle locandine pubblicate si cita una «dittatura sanitaria a scuola» e si cercano insegnanti.

I numeri.

Dalla cinquantina di iscritti del pre-Covid (per la scuola italiana si parlava di 17-20 persone) l’anno scorso si è passati a 130. Lo scorso settembre il balzo. Appena iniziata la scuola si parlava di 360 alunni. In tre giorni erano 454, a fine ottobre quasi 600.

I numeri della scuola tedesca sono i più alti. Al 9 novembre gli iscritti erano 569, (46 in più rispetto al 30 settembre). Numeri record nel Burgraviato (129) e in val Pusteria (123), seguiti da Bassa Atesina-Oltradige (93), Venosta (77), valle Isarco (62), Salto-Sciliar (49). Ultimi i comprensori dell’alta valle Isarco e di Bolzano, entrambi 18. Succede anche che qualcuno si accorga della maggiore stabilità della scuola rispetto all’anno scorso e che quindi riporti i figli in classe, ma è poca cosa. In cinque settimane tre homeschooled in meno nelle scuole professionali della Pusteria, due nelle medie della Bassa Atesina-Oltradige.

Le Intendenze scolastiche.

Edith Ploner e Vincenzo Gullotta, intendenti della scuola ladina e di quella italiana, non nutrono grandi preoccupazioni. Numeri bassi. «È un fenomeno ristretto che riusciamo a tenere sotto controllo – dice Gullotta – appena raddoppiato rispetto agli anni scorsi. È presto per parlare di un ritorno sui banchi. Le ragioni della scelta di queste poche famiglie, non riunite in cooperative, sono da ascrivere soprattutto a principi generali in tema di educazione».

Varcati i confini del capoluogo e delle valli ladine lo sguardo si apre sulla scuola tedesca. Chi sono gli insegnanti, soprattutto nel caso si formino gruppi? Genitori particolarmente formati e volenterosi, insegnanti in aspettativa o sospesi, insegnanti che all’attività mattutina affiancano un impegno pomeridiano? «Non lo sappiamo, perché tante di queste iniziative si svolgono in case private», risponde Sigrun Falkensteiner, a capo dell’Intendenza scolastica tedesca. «Anche se la percentuale di iscritti non è elevata mi dispiace per i bambini e per i ragazzi che non possono frequentare un’istituzione consolidata. Mi dispiace perché vengono sottratte loro opportunità dal punto di vista dell’apprendimento, ma anche dal punto di vista sociale».

Sul territorio.

Vista la situazione, i tre assessori provinciali competenti hanno deciso: per quest’anno niente più permessi e via a ispezioni più frequenti e severe. L’esame di fine anno scolastico previsto per gli iscritti all’educazione parentale dovrà essere svolto attraverso l’istituto di competenza.

Da dicembre i test salivari a campione previsti da Roma dovranno essere fatti a casa dopo aver ritirato le provette a scuola. E diversi istituti mantengono online le giornate di porte aperte. Le mascherine in classe sono obbligatorie, i test no. Nell’istituto Bolzano-Europa 2, diretto dal presidente provinciale dell’associazione dei presidi Marco Fontana, il 95 per cento degli alunni fa regolarmente il test nasale. Lunedì sono entrate in vigore le regole del Ministero, adattate alla realtà locale dall’Asl. Fontana le ha illustrate alle famiglie con un incontro online. Se nella classe c’è un positivo, i compagni vengono sottoposti a test salivare. Chi è negativo rientra, poi dopo cinque giorni si fa un secondo controllo con tampone Pcr. Se i positivi sono due i vaccinati o negativizzati nei sei mesi precedenti fanno il test, gli altri la quarantena; con tre positivi va in quarantena tutta la classe. «Alcuni potrebbero aver chiesto l’homeschooling per evitare i test. Con chi è casa abbiamo sempre cercato di tenere i contatti, ora con la delibera provinciale ci sarà una comunicazione periodica», spiega.

Monika Leitner, dirigente scolastica a Termeno, per il paese dell’Oltradige parla di 5 iscritti all’educazione parentale. «Ma a Termeno non abbiamo gruppi di studio. Nella mia esperienza ho trovato genitori che coi figli hanno lavorato molto bene, tenendo i contatti con la scuola e dando ai loro bambini la possibilità di giocare coi loro coetanei nel pomeriggio. Una piccola quota invece non mantiene i contatti, impedendoci di assolvere al nostro obbligo di sorveglianza». Leitner è assessora comunale a Bressanone. Perché alcuni optano per le lezioni a casa, problemi di collegamenti tra i masi e i centri urbani? «No, si tratta sempre di no mask. O di una visione della scuola come luogo inadatto ai figli. Modelli come la scuola steineriana hanno aperto una finestra su un tipo di educazione alternativa».

Andiamo a Gais, nel distretto scolastico di Brunico, dove complessivamente (Brunico e Brunico 2) gli alunni ritirati dai vari istituti sono 49. «Una situazione spiacevole – commenta il sindaco, Christian Gartner – che desta preoccupazione per i bambini. So di una struttura privata nel nostro territorio, ma noi non ci possiamo entrare, quindi non potrei dire di più. È una questione sociale, una frattura. Si dovrebbe smettere di pensare solo a se stessi, parlare di un “noi” anziché di un “io”».













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