Bolzano

Gli alpini piangono il Lupo: addio a Giovanni Venturin 

Aveva 91 anni, membro storico del Gruppo Alpini Acciaierie e dell’Ana Alto Adige. Era arrivato a Bolzano a 15 anni per lavorare nelle fabbriche della zona industriale


Luca Fregona


BOLZANO. Si è spento giorno dopo giorno, mese dopo mese. L’isolamento, la pandemia, lo avevano lentamente divorato. Il Lupo non lo puoi tenere in gabbia, chiuso in casa dalla mattina alla sera. Il Lupo ha bisogno dell’aria, dei boschi, degli alberi, del cielo, della luna, delle montagne, degli amici. Un mese prima dell’inizio del lockdown, nel dicembre 2019, Giovanni Venturin, “il Lupo”, aveva festeggiato i 90 anni circondato dall’affetto del Gruppo Alpini Acciaierie, il “suo” Gruppo.

Nessuno, in quel momento, nella sede della Protezione civile dell’Ana in via Volta, che altro non era che il “Cral” (il dopolavoro aziendale) della fabbrica, poteva sapere che sarebbe stata l’ultima volta, l’ultima occasione per stare tutti insieme. Quel giorno, cento veci gli erano intorno in un caldo abbraccio per cantare il “Trentatré”, l’inno degli alpini, solo per lui. Per “il Lupo”, il socio più anziano. I bicchieri di carta traboccavano prosecco e spritz alla veneta. La cucina sfornava costolette, polenta e salsicce. Un inno alla vita, all’amicizia, ai valori cementati da anni di impegno. Il Lupo era lì in mezzo, commosso alle lacrime, forte e saldo come sempre. Sembrava immortale...

Oggi, quegli stessi alpini, veci e bocia, piangono. Piangono perché hanno perso un pezzo della loro storia: Giovanni, un burbero generoso. La mano, una morsa d’acciaio. Due occhi grigi come il ghiaccio di gennaio. Lo sguardo oltre l’orizzonte. La vita legata a maglia doppia all’Ana e alla Zona industriale dove aveva iniziato a lavorare ancora coi calzoni corti.

«Sono arrivato nel luglio del 1945 dal mio paese, Bovolenta di Padova - raccontava -. A casa non c’era da mangiare, era dura. Appena si è saputo che a Bolzano cercavano manodopera, non ci ho pensato due volte. Mi sono iscritto nelle liste. Non avevo ancora 16 anni: ci hanno caricati su una corriera e portati alle Acciaierie. Ho avuto appena il tempo di salutare i miei. Sono arrivato da solo e mi sono dovuto arrangiare, ma solo il fatto di avere un lavoro, una paga, una prospettiva, era bellissimo. Proprio in questa stanza, dove oggi festeggio i miei 90 anni, c’era il dormitorio. Una baracca accanto allo stabilimento. Tra queste pareti ho vissuto la mia giovinezza».

Prima ancora che le fabbriche realizzassero nuove case per gli operai a Oltrisarco e in via Resia. Il Lupo, raccontando, puntava l’indice verso la ferrovia del Brennero. «Lì abitava un contadino. Le Acciaierie gli davano gli avanzi della mensa per i maiali, e lui vendeva i maiali alle Acciaierie per le cucine. Oggi lo chiamano chilometro zero. Non s’inventa niente. Ho iniziato come falegname, poi mi hanno mandato al reparto Laminazione. Ho chiuso da gruista. Sono andato in pensione nel 1981 dopo 36 anni di fabbrica». Fabbrica e penna nera. «Sono partito di leva nel 1951 - raccontava ancora -. Prima il Car a Merano, poi al Sesto Alpini a Vipiteno, Battaglione Bolzano. Ho ricordi bellissimi». La montagna, i valori alpini, ma anche un carattere ribelle. «Non le mandavo a dire».

Risultato: invece dei 15 mesi di ferma, “il Lupo” se ne fa venti tra punizioni e richiami disciplinari. Ma al “Sesto” diventa una leggenda. Cammina chilometri zaino in spalla senza dire “baf”, in parete ti protegge, difende sempre i compagni. I superiori lo rispettano.

«Ero il più anziano, avevo la barba, incutevo timore, hanno iniziato a chiamarmi “il Lupo”». E, così, lo hanno chiamato fino oggi. Tornato in fabbrica dopo la leva, entra nel Gruppo Alpini delle Acciaierie. «Eravamo in 300. Il fondatore e capogruppo era Silvano Dalpiaz, che era anche il capo del personale. Sapeva vita-morte-e-miracoli di ognuno di noi. Se facevi la naia negli alpini, ti iscriveva automaticamente. Non c’erano santi». All’epoca quasi ogni fabbrica aveva il “suo” gruppo: più era numeroso, più aumentava il prestigio. Venturin da allora è sempre stato iscritto.

Paolo Massardi, il capogruppo attuale, ha 40 anni meno del Lupo, e il cuore a pezzi. «Era come un padre. Un uomo così aveva bisogno di spazi aperti e infiniti. Sono convinto che ora ci guarda dal cielo, dalla cima della montagna più alta, e da lì, come sempre ha fatto, veglia su di noi».

Il Lupo lascia i figli Morena, Laura e Giulio e gli amatissimi nipoti.













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