Il duro lavoro del «padre assente»

Uomini in carriera e figli da crescere: le esperienze di cinque bolzanini


Riccardo Valletti


BOLZANO. Padri assenti siete ‹‹come gli automobilisti ubriachi e come tali dovete essere stigmatizzati››. Lo manda a dire nientemeno che il primo ministro britannico Cameron a tutti quei padri troppo concentrati sul lavoro e troppo poco sulla loro prole. Dall'altra parte dell'atlantico, Obama ha già risposto che lui allena la squadra di baseball del suo ragazzo. E qui? La domanda non è scontata. L'Alto Adige è terra di grandi medici, artisti internazionali, avvocati, politici... tutti con un'agenda station wagon che tutto contempla tranne il tempo per giocare a nascondino, e le famiglie anglosassoni non sono poi molto diverse da quelle altoatesine. Per capire se l'anatema di Cameron varca il Brennero abbiamo interpellato cinque personaggi illustri altoatesini. Da chi iniziare se non dal Primo Cittadino? Il sindaco Spagnolli ci pensa su due secondi ‹‹è una materia difficile, io cerco di dedicare ai miei bambini tutto il tempo che posso, ma ammetto che è molto difficile trovare equilibrio››.

Soprattutto durante la settimana, racconta il sindaco, tutto si riduce all'incontro a tavola ‹‹almeno uno dei pasti lo passo ascoltandoli, quando posso li aiuto anche a fare i compiti, ma purtroppo questo avviene solo di rado; cerco di concentrarmi sulla famiglia di domenica, accetto inviti solo quando sono inevitabili››. La differenza sta nella qualità del tempo trascorso con i propri figli, sostiene Spagnolli, ‹‹anche solo dieci minuti possono essere pieni di contenuti, loro sanno che il loro papà è presente››.

La pensa nello stesso modo Paolo Bernardi, oculista dell'ospedale di Bolzano, ‹‹mi dedico totalmente a loro nelle festività››. Bernardi ha due figli adolescenti, un maschio di 17 anni e una ragazza di 14, un'età difficile. ‹‹Prima mi sforzavo di ritagliare del tempo per loro - racconta il medico - ora mi preoccupa il problema sicurezza, mi tengo in contatto con loro, cerco soprattutto di capire cosa fanno e chi frequentano››. In casa lui è il buono, la mamma la dura. ‹‹Vengono da me per chiedermi di convincere la mamma, io mi adagio su questo ruolo perché se facessi pure il categorico non mi parlerebbero mai››. Lui stesso, racconta, ha avuto lo stesso senso di lontananza con i suoi genitori ‹‹lavoravano tantissimo, lei pediatra e lui ginecologo, credo di aver conosciuto mio padre quando ho compiuto i trent'anni››. La qualità del tempo trascorso insieme, oggi come allora, fa la differenza: la famiglia si rinsalda per le ferie, ‹‹ancora riesco a tenerli insieme a noi per i viaggi estivi, ma tra poco inizieranno a scalpitare››.

Sospira di nostalgia invece chi ha già visto i suoi pargoli spiccare il volo, come il vicepresidente del Consiglio Provinciale Mauro Minniti, che dall'alto dei suoi 63 anni ha una figlia quarantenne e un figlio di 33, ‹‹sono diventato padre da giovanissimo - sorride - e poi sono cresciuto insieme a loro››. Ora, nel ruolo di nonno, la vita è più semplice ma allora era frenetica ‹‹preso com'ero tra la politica e la Sasa - racconta Minniti - potevo dedicare alla famiglia un solo giorno a settimana››. I ragazzi hanno sofferto un po' la sua assenza, ammette ‹‹quando stavamo insieme mi si stringevano attorno››. Per un giovane il ruolo di padre è un mestiere complicato, ‹‹il suo comportamento è un riferimento più delle parole - afferma il vicepresidente - e quello che dice è quasi sacro››. L'educazione del maschio è stata più impegnativa ‹‹con lui mi sono scoperto più padre - un aneddoto per spiegare - lui aveva 14 anni e sapeva benissimo fare surf, io gli chiesi di insegnarmi e lui si sentì per la prima volta trattato da pari, gli si gonfiò il petto d'orgoglio››.

Il magistrato Igor Secco invece lavora di notte, portandosi il lavoro a casa, per passare qualche pomeriggio con la sua bimba di 8 anni. ‹‹per fortuna non devo timbrare il cartellino - esclama - così quando posso mi dedico a lei prima che vada a nanna e poi lavoro fino a notte fonda››. Nel fare il padre, racconta, ha trovato anche un'impareggiabile compagna di giochi: ‹‹riesco a fare con lei quello che piace anche a me, facciamo tanto sport e ci divertiamo come matti››.

Il musicista internazionale Claudio Astranio, per non perdersi nulla quando è in tourné, ha scoperto skype. ‹‹A dire la verità me lo hanno insegnato loro - 2 bimbe, 9 e 10 anni - per chi passa molto tempo fuori casa come me la tecnologia è un aiuto impagabile››. Quando è in casa però non si fa scappare nulla. ‹‹Mi dedico tutto a loro, le accompagno a scuola, giochiamo insieme, ci divertiamo ma faccio in modo di rientrare nel ruolo di padre››. La sua definizione di quello che non vuole essere: ‹‹quello che porta i regalini quando torna da un viaggio››.

Paternità come responsabilità, ‹‹non credo nel padre amico, il genitore deve avere un ruolo guida, prima di tutto per educazione e rispetto››. C'è una cosa che, prescindendo dal punto di vista sul ruolo paterno e dal tipo di lavoro che svolgono, accomuna tutti questi padri: ringraziano le loro mogli. Si riferiscono a loro con i migliori aggettivi e vanno ben oltre il 50% nelle stime dello sforzo speso in famiglia per l'educazione dei figli, qualcuno chiama la propria ‹‹una santa››, qualcun altro afferma di aver fatto tutto quello che ha fatto solo grazie alla scelta di passare al part-time della sua consorte. Insomma, le protagoniste ci sono, e anche se non hanno parlato si sono fatte sentire.













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