BOLZANO

«Il mio Natale essenziale. In sacco a pelo sul Guncina» 

Il bolzanino Günther Schmalzl da un paio d’anni vive in cima alle passeggiate «Una volta avevo una casa e un lavoro, oggi ciò che posseggo è nel mio zaino»


di Antonella Mattioli
locale


BOLZANO. La sua “casa” è lassù, quasi in cima alle passeggiate del Guncina. Dorme sulla panca di legno e si lava alla fontana: estate e inverno non fa differenza. Gli habitué della passeggiata ormai lo conoscono, così come i giardinieri del Comune che quando passano si fermano a scambiare due chiacchiere.

Günther Schmalzl, 57 anni bolzanino, è un clochard per scelta: soddisfatto della sua condizione e senza rimpianti per la vita “normale” che ha lasciato e per quello che forse poteva essere e non è stato.

Tutto ciò che possiede, è chiuso in uno zaino che porta sempre con sé, perché di questi tempi è “troppo rischioso” lasciarlo sulla panchina.

Inutile dirgli che in via Macello il Comune ha aperto da poco il Centro emergenza freddo, per evitare che quelli come lui muoiano di freddo o comunque si ammalino.

Sa che quest’opportunità c’è, ma non gli interessa. Nonostante che il freddo, soprattutto di notte, ormai da giorni entri nelle ossa e morda.

L’altra mattina quando ci siamo incontrati la pioggia si stava trasformando in neve e Schmalzl, che si era svegliato da poco, stava mettendo via le sue cose: il sacco a pelo, il sacco lenzuolo, poi il telone verde per proteggersi dall’umidità e sotto ancora le pagine di giornale come isolante.

«Il mio unico timore - dice - è che qualcuno legga quest’articolo e mi porti via il posto. Io in quei centri allestiti per metterci clochard e migranti non ci vado, perché mi ammalo».

Ma soprattutto la notte quassù non c’è da battere i denti?

«Fino a qualche anno fa - racconta - anch’io avevo un lavoro: mi sono diplomato al liceo scientifico di lingua tedesca, poi sono stato in banca e ho fatto una serie di lavoretti. Fino a quando non ho avuto problemi ad una gamba, andavo anche a raccogliere mele».

Come si passa dalle comodità di una vita normale a niente?

«Mio padre non l’ho mai conosciuto, sono stato cresciuto da mia madre e soprattutto da mia nonna Maria, in Val Gardena. Poi il trasferimento a Bolzano e una vita normale fatta di casa e lavoro. Fino a quando ho cominciato a capire che si può vivere di poco e anzi si vive meglio: un giorno mi si è rotta la lavatrice e non l’ho fatta riparare, stessa sorte è capitata alla lavastoviglie. Ad un certo punto ho lasciato anche l’appartamento: non ce la facevo più a pagare l’affitto. E ho cominciato a girovagare tra l’Alto Adige e il Trentino; sono stato anche in Francia. Un paio di anni fa ho trovato questo posto che è diventato la mia casa: ho tutto quello che mi serve per sentirmi bene, perché sono di nuovo immerso nella natura come quando ero bambino e giravo per i boschi con mia nonna. C’è l’acqua corrente; c’è la panca e sopra un piccolo tetto per ripararmi se piove. Il mio fisico ormai si è abituato al freddo e neppure lo sento».

Quando il campanile dell’abbazia dei Benedettini di Gries batte le nove, Schmalzl è già pronto per partire: lo zaino sulle spalle e la panca, dove chi sale per una passeggiata ama fermarsi per godersi il panorama, perfettamente in ordine. Non c’è traccia del suo passaggio.

«Vado a prendermi un panino dai Benedettini, poi sto sulla “mia” panchina a ponte Talvera. Mi piace vedere l’acqua che scorre: mi dà un senso di serenità».

E di cosa vive un clochard “per scelta”?

«Ho un piccolo aiuto dai Servizi sociali e poi quando sono sulla panchina, metto un biglietto e chiedo un’offerta per mangiare e lavare i vestiti. Qualcuno passa e mi lascia qualche spicciolo. Io ricambio con un pensiero scritto a mano su un foglietto. Mi basta per permettermi un pasto al giorno: vado dai cinesi e mangio un piatto di riso. Non c’è bisogno di mangiare più di una volta al giorno. Quassù torno la sera, quando ormai è buio».

E a Natale, almeno in quell’occasione andrà da qualche parente o al pranzo della San Vincenzo, tanto per non sentirsi proprio solo?

«Ho un patrigno e un fratellastro, ma il 24 e il 25 farò quello che faccio sempre: starò qui nella mia “casa” sul Guncina. In quei giorni Bolzano è bellissima vista da quassù ».













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