L'INTERVISTA paolo lugli 

Il rettore: «Tutto è importante, ma non scordate l’università» 

L’appello. «Giusto parlare della necessità di aprire negozi, ristoranti impianti di risalita, perché danno lavoro a migliaia di persone  Ma nessuno parla della necessità di investire in innovazione e ricerca»


Antonella Mattioli


Bolzano. «Tutti parlano della necessità di aprire negozi, bar, ristoranti, hotel e di far ripartire gli impianti di risalita per rimettere in moto l’industria dello sci: settori economici importanti che danno lavoro a migliaia di persone. Peccato che in questo dibattito che attraversa da nord a sud il Paese, nessuno parli mai di innovazione, formazione, ricerca. Core business dell’università». Una “dimenticanza” che preoccupa Paolo Lugli, rettore dell’Università di Bolzano, perché l’emergenza Covid sta mettendo la scuola - in generale - e l’università in fondo alle priorità. Perché al primo posto c’è la sanità, sotto pressione da mesi, e poi l’urgenza di far ripartire l’economia messa in ginocchio dalla seconda ondata della pandemia.

«Eppure - dice il rettore - il Recovery Fund punta proprio a sostenere interventi nel settore di ricerca, digitalizzazione, innovazione. Non a caso la Germania ha già messo in campo progetti interessanti. Del resto, proprio la pandemia ci sta facendo capire quanto siano importanti questi settori. Se il vaccino sarà pronto invece che in dieci anni - tempo medio in situazioni normali - in meno di un anno; e a breve ce ne sarà più d’uno, il merito è della ricerca che coinvolge ormai più branche del sapere.

Scusi, lei parla dei progetti messi in campo dalla Germania per ottenere i fondi europei, e l’Italia cosa sta facendo?

Qualche progetto c’è, ma la sensazione è che si stia brancolando nel buio.

Il Recovery Fund finanzierà anche progetti promossi a livello locale: la Provincia come si sta muovendo?

Purtroppo non c’è stato nessun coinvolgimento dell’Università, quindi non è ben chiari quali siano gli indirizzi delle misure proposte a livello locale.

Chiedete di essere coinvolti.

Mi sembra il minimo che possiamo chiedere, visto che noi facciamo ricerca. Siamo in continuo contatto con aziende del territorio che hanno fatto fortuna anche sui mercati internazionali, proprio puntando su ricerca e sviluppo. Abbiamo rapporti costanti con Università straniere. Siamo partner di enti di ricerca; siamo presenti al Noi Techpark. Più di tutti - in questo momento - possiamo dare gli input giusti, per trasformare in opportunità questa pandemia. Lo ripeto, la Germania ha già stilato una lista di progetti che punta ad utilizzare i fondi che arriveranno dall’Europa, per investire ancora di più nella ricerca e nell’innovazione. Se riusciremo a sconfiggere il virus grazie ai vaccini, messi a punto a tempo di record, lo sarà grazie alla ricerca e alle tecnologie più avanzate. Mettendo assieme le conoscenze di più discipline.

Attualmente le lezioni all’Università sono tutte online.

Purtroppo, al momento, le disposizioni ci impongono di fare soltanto didattica a distanza. Certo, sempre meglio di niente, ma la didattica in presenza è un’altra cosa. Vale sia per gli studenti che per noi docenti.

All’inizio del semestre voi eravate partiti in presenza, almeno con le matricole.

In effetti eravamo partiti con un progetto ambizioso: semestre aperto con le matricole in presenza. Lezioni in presenza anche per i laboratori di Scienze e tecnologie, Scienze della formazione, Design. Ovviamente, seguendo tutte le regole per ridurre al minimo il rischio contagio. Abbiamo avuto dei casi di Covid, ma il protocollo di sicurezza adottato, molto simile a quello applicato dalle aziende, ha funzionato in quanto si è riusciti a fare subito il tracciamento ed evitare la diffusione del virus. Purtroppo però poi è arrivata la seconda ondata e tutte le lezioni oggi sono online. Al momento, i laboratori sono accessibili solo a ricercatori e dottorandi.

Adesso cosa chiedete?

Chiediamo alla Provincia che ci consenta di riaprire i laboratori agli studenti. I docenti ce la stanno mettendo tutta, ma l’online non può sostituire l’attività in laboratorio. L’efficacia dell’insegnamento in presenza è tutta un’altra cosa. Purtroppo, le lezioni online riducono di molto l’interazione degli studenti con il docente e degli studenti tra loro. Non a caso i giovani chiedono di tornare quanto prima in aula.

In altri atenei c’è stata una forte contrazione delle iscrizioni, ad unibz com’è la situazione?

Lo temevamo vista la situazione generale, ma non c’è stata alcuna riduzione delle immatricolazioni: abbiamo 4.400 studenti come lo scorso anno.

Negli atenei statali c’è la no tax area università 2020/2021: in Alto Adige?

Noi abbiamo deciso di dimezzare una rata e l’anno prossimo di dimezzarne due. Ciò significa che se le tasse universitarie ammontano a 1.300 euro, se ne pagheranno 600. È un sacrificio; dobbiamo tagliare altre voci del nostro budget, visto che a differenza degli atenei statali non possiamo contare sui finanziamenti del Ministero.













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