Il ritrovamento fortuito a ridosso del lockdown 

Due mesi di silenzio. L’ordigno non era stato individuato in fase di bonifica bellica Ci sono voluti i lavori di Ecocenter perché fosse scoperto. Pochi giorni fa la notizia pubblica



Vadena. L’ordigno era stato trovato il 13 marzo, durante alcuni lavori sulla rete idrica di Vadena. Ne erano stati informati i sindaci di Vadena, di Ora e di Caldaro, l’esercito, i vigili del fuoco e le forze dell’ordine. Nessun altro: per quanto lungo fosse il letargo dell’esplosivo, la notizia avrebbe potuto accrescere lo stato di allarme che già il coronavirus aveva innescato. Con la fine del periodo delle restrizioni le autorità hanno ritenuto fosse arrivato il momento di avvisare la comunità. Operando una comunicazione istituzionale efficace e rassicurante che ha spianato la strada all’imponente operazione condotta dall’esercito italiano ieri mattina, in coordinamento col Commissariato del Governo.

Il rinvenimento.

Siamo in località Monte, sul finire del territorio di Vadena. Ecocenter sta scavando appena prima del ponte sull’Adige che porta a Ora. Il progetto è di realizzare una vasca di sollevamento per la rete fognaria. Per impedire che lo scavo si riempia d’acqua e che il lavoro sia vanificato bisogna circoscrivere l’area piantando nel terreno alcune paratie metalliche, pesanti pareti alte più di tre metri a segnarne il perimetro, attraversate da lunghe travi.

Ed è proprio scavando sempre più a fondo che gli operai di Ecocenter trovano l’ordigno. Un involucro incrostato dal tempo, arrugginito nell’acquitrino – e per questo motivo in ottimo stato di conservazione, tanto più che si tratta di acqua dolce. Chissà che cos’avrà pensato chi l’ha trovato. Impossibile confondersi, difficile non restare intimoriti di fronte a quel pachiderma nerastro pieno di esplosivo.

Le valutazioni.

Le autorità vengono subito avvisate. Nel frattempo però scatta la Fase 1 della lotta al coronavirus. Bisogna interrompere qualsiasi lavoro, bisogna evitare che la popolazione, a mano a mano sempre più provata, trovi nella notizia del ritrovamento di una bomba ancora armata un ulteriore motivo di sconforto. Intanto però gli stessi artificieri dell’esercito italiano, in cooperazione con le forze dell’ordine locali, fanno una valutazione dell’ordigno. Lo misurano e ispezionano, controllano i congegni di attivazione della carica esplosiva, stabiliscono quali siano le condizioni di sicurezza. Andrà disinnescato, ma solo quando le condizioni “esterne” lo permetteranno.

L’occhio umano.

Come la morsa del coronavirus sembra dare tregua alla provincia, il sindaco Alessandro Beati invia agli abitanti delle frazioni di Monte e di Piccolongo una lettera con la quale spiega la situazione e annuncia l’operazione di disinnesco con evacuazione delle abitazioni nel raggio di 1150 metri dal sito dell’ordigno. Lo stesso fanno i colleghi Roland Pichler e Gertrud Benin Bernard per i loro concittadini di Ora e di Caldaro.

«Siamo stati molto fortunati – commenta il sindaco di Vadena –, lo scavo ha sfiorato la bomba. Se una paratia avesse toccato una delle due spolette sarebbe stata una tragedia. Eppure il committente la bonifica bellica l’aveva fatta». La bonifica bellica è un lavoro di indagine sul terreno volto a individuare eventuali ordigni nascosti. È svolta da ditte specializzate, formate dall’esercito, i cui lavori vengono convalidati da reparti del Genio infrastrutturale.

Stavolta però neanche l’occhio della tecnologia arriva dove l’uomo non vede. In fase di bonifica quella tonnellata di tritolo non risulta. Orrenda fino alla fine. Ci vorrà il lavoro umano per stanarla dal suo antro. «Mi piacerebbe fare una nicchia votiva dedicata alla Madonna per ricordare questo giorno», diceva ieri il colonnello Gaetano Celestre. La bomba è spenta, viva la pace. S.M.













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