Kompatscher, bufera sull’ordinanza che caccia i non residenti 

Il decreto del presidente. Turisti, villeggianti e proprietari di seconde case non altoatesini costretti a ritornarsene al loro domicilio. Chi non si adegua rischia una denuncia penale Turisti su tutte le furie. Il presidente: motivazioni sanitarie, qui non hanno i loro medici di fiducia



Bolzano. Turisti, villeggianti in affitto, addirittura i proprietari di seconde case magari da decenni. Chiunque non sia residente in Alto Adige deve andarsene, tornando a casa propria. Ordine del presidente della Provincia Arno Kompatscher, che ha recepito il decreto del presidente del consiglio dei ministri dell’11 marzo, imponendo una ulteriore pesante restrizione. «Motivazioni sanitarie», spiega il presidente altoatesino, «per tutelare chi non è residente e dunque qui non può accedere al servizio dei medici di base e dei pediatri, che in queste settimane fanno da filtro per gestire l’emergenza Coronavirus».

Ma i tanti turisti, villeggianti e proprietari di seconde case, che si erano rifugiati sulle montagne altoatesine per sfuggire al Coronavirus, l’hanno vissuta in tutt’altro modo. Tempestato di telefonate, ieri pomeriggio, il centralino del nostro giornale: «Adesso che non compriamo più skipass perché le piste sono chiuse ci cacciano?». «Cacciati come appestati anche se siamo qui magari da un mese e di certo non abbiamo portato su il virus da casa nostra». «È come dire: se vi ammalate qui, noi non vi curiamo». «E se adesso torniamo giù e i nostri bimbi si prendono il virus?»

Decreto e ordinanza

Cominciamo con ordine. Mercoledì il governo Conte vara il nuovo decreto con le note restrizioni a livello nazionale. Giovedì la Provincia recepisce ed emana un’ordinanza presidenziale contingibile ed urgente. Ieri i sindaci hanno a loro volta recepito, invitando con annunci affissi nei paesi chi non è residente a lasciare l’Alto Adige nel più breve tempo possibile. A sensibilizzare sono scesi in strada anche i carabinieri delle stazioni locali e i vigili. Nell’ordinanza, in particolare, non si consiglia bensì si ordina «di evitare ogni spostamento in entrata e in uscita dal territorio provinciale, nonché all’interno del medesimo territorio provinciale, salvo che per gli spostamenti motivati da indifferibili esigenze lavorative o situazioni di necessità, ovvero spostamenti per motivi di salute. È consentito il rientro presso il proprio domicilio, la propria abitazione o residenza». Ma oltre si ordina «a turisti, ospiti, villeggianti e tutte le altre persone presenti sul territorio provinciale che non hanno la propria residenza in Alto Adige, di rientrare alla propria residenza, affinché possano eventualmente beneficiare delle prestazioni dei propri medici di base o pediatri di libera scelta».

Spiega Kompatscher

«A tutte queste persone, prive di residenza in Alto Adige, non è garantito l’accesso ai servizi del medico o del pediatra di fiducia. Non ce li hanno a disposizione qui, sul nostro territorio. Questa è una posizione condivisa anche dalle altre regioni con cui mi sono confrontato. La Toscana per esempio, o il Piemonte. Anche le altre regioni condividono con noi la stessa preoccupazione». Non c’è la volontà di cacciare nessuno, insomma, specie in una provincia che vive di turismo. «Il fatto - prosegue il presidente - è che, soggiornando qui, a queste persone manca il medico di famiglia. In caso di necessità o dubbi su un eventuale contagio, avrebbero un unico luogo a cui potersi rivolgere, il pronto soccorso dell’ospedale. Ed è esattamente ciò che non vogliamo accada per non sovraccaricarlo». Per non intasarlo, per non far precipitare la situazione. «Si tratta di una misura di carattere strettamente sanitario. Il messaggio che deve passare è che c’è l’assoluta necessità di tutelare la salute delle persone, cosa impossibile se non riusciamo a far funzionare il sistema». Kompatscher chiarisce che i turisti e i villeggianti sono stati invitati a partire, «in tempi ragionevoli, dando loro il modo di organizzarsi». Comunque sia, chi non si adeguerà rischia una denuncia, esattamente come chiunque non rispetti il decreto Conte, circolando immotivatamente, aprendo un bar e servendo i clienti, organizzando un assembramento come un rave party o riaprendo le piste da sci.

Le reazioni

Moltissime famiglie sono ancora in Alto Adige. Difficile dire quante. C’è chi era in affitto, chi a casa di amici, chi nella seconda casa di montagna. A Dobbiaco, a Villabassa, in val d’Ega. Molti erano saliti per il carnevale, poi la situazione è precipitata e hanno deciso di rimanere. Qualcun altro è stato spedito in quota, come nonni e nipotini. I genitori a casa a lavorare, loro al sicuro in montagna: poca gente in giro, aria buona. E poi c’è chi è in pensione, ama sciare e tutti gli anni trascorre settimane se non addirittura mesi nella seconda casa anziché a casa propria, in pianura. Moltissimi i lombardi, i veneti: Mestre, Padova, Verona, Mantova, Pavia, Milano. Medesima la preoccupazione, adesso: «E se ora torniamo a casa e ci infettiamo?» In molti ieri sono stati avvertiti dai padroni degli appartamenti, dai gestori dei residence, c’è addirittura chi, ignaro dell’ordinanza, durante una passeggiata è stato redarguito dalle forze dell’ordine e messo in guardia. C’è chi era salito per il weekend dalla Lombardia per riprendere la famiglia e riportarla a casa, convinto di poterlo fare perché il Decreto consente (ma non impone) il ritorno al domicilio, e invece è stato denunciato perché - in tutta Italia - non si può circolare liberamente. C’è chi è senza auto, anziano, e i figli non possono salire a riprenderselo. C’è chi è rimasto bloccato perché a casa sua c’era la zona rossa e poi saggiamente ha deciso di rimanere al sicuro e ora magari vorrebbe tornare a casa ma ha il timore di prendere il treno o la corriera e di infettarsi. C’è chi è arrivato in Alto Adige solo da pochi giorni con un volo atterrato in Austria per unirsi ai parenti. Residenza: Panama. Anche volendo, ora non può tornare a casa! C’è chi è semplicemente a casa sua, la seconda casa, ha la febbre e si domanda se tornare o meno al suo domicilio una volta sfebbrato perché magari al posto di blocco non ci crederanno. Infine, ci sono anche i bolzanini, che si stanno chiedendo cosa fare.

Caso tipico, Carezza, dove ieri sera i vigili giravano strada per strada: centinaia di villette, seconde case. Nonni con nipoti, rimasti su da settimane e settimane. Sono stufi: piste chiuse, locali chiusi, non si può fare niente. Vorrebbero tornarsene a casa a Bolzano, ma hanno dubbi se poterlo fare o meno.

L’ordinanza di Kompatscher lo permetterebbe, ma le voci sulle denunce già fioccate in val d’Ega intimoriscono. DA.PA













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