L’acquisto di 400 mila scaldacollo mette nei guai Widmann e Zerzer 

Entrambi risultano indagati per turbativa d’asta. Secondo la Procura i prodotti non possono essere considerati presìdi medici protettivi Dunque non avrebbe potuto essere utilizzata la procedura d’urgenza prevista per l’emergenza anti Covid. La scelta della «Texmarket» 


Mario Bertoldi


Bolzano. Per Florian Zerzer, direttore generale dell’Azienda sanitaria altoatesina, i guai giudiziari non finiscono più. Dopo il caso delle mascherine non conformi agli standard europei acquistate in Cina, ora il dirigente sanitario è stato iscritto una seconda volta sul registro degli indagati della Procura. Questa volta assieme a lui c’è anche l’assessore provinciale alla sanità Thomas Widmann.

L’indagine riguarda l’acquisto di 400 mila scaldacollo indicate in delibera dall’Asl come «barriere tessili specifiche e non specifiche per la protezione delle vie respiratorie superiori, da mettere a disposizione della popolazione».

Come si ricorderà gli scaldacollo vennero distribuiti gratis alla popolazione attraverso le edicole ed i tabacchini. Si era nella prima fase della pandemia e anche in Alto Adige, come nel resto d’Italia, le farmacie rimasero ben presto sprovviste di mascherine sanitarie protettive, anche di quelle più semplici come le cosiddette chirurgiche. Era il periodo delle mascherine artigianali “fai date”, realizzate con carta da forno, o con qualche pezzo di stoffa sistemato sulla bocca come fazzoletto. C’era anche chi cercava di coprirsi naso e bocca con una sciarpa.

La Provincia decise di intervenire e lo fece individuando la possibilità di fornire rapidamente alla popolazione uno strumento di protezione individuale come lo scaldacollo, in grado di essere indossato per tutta la giornata e di essere rapidamente alzato a copertura di naso e bocca in caso di necessità.

L’acquisto avvenne in due tranche: il primo ordinativo fu affidato alla «Texmarket», azienda familiare altoatesina con sede a Bolzano, specializzata nella produzione di abbigliamento sportivo, nella cui compagine proprietaria risulta anche Christoph Widmann, cugino dell’assessore.

Alla «Texmarket» fu commissionata la fornitura di 300 mila scaldacollo (al costo di 1,55 euro a pezzo) per una spesa complessiva di 465 mila euro + Iva con ulteriori 36 mila euro + Iva di spese di trasporto. Una seconda fornitura venne commissionata poco dopo ad un’altra ditta, per un’ulteriore spesa di 94 mila euro + Iva. Ai due nuovi indagati (il direttore generale Zerzer e l’assessore competente Widmann) la Procura della Repubblica contesta il reato di turbativa d’asta (articolo 353 codice penale) per aver omesso di indire una regolare gara. Non solo. Le relative delibere d’acquisto venne approvate solo successivamente agli ordinativi. Il capo d’incolpazione della Procura si basa su un presupposto cardine di tutta l’inchiesta: non considera cioè gli scaldacollo prodotti sanitari in grado di permettere di far ricorso alla procedura d’urgenza prevista per l’acquisizione di presìdi medici per l’emergenza Covid. La battaglia giudiziaria è dunque racchiusa proprio nella classificazione degli scaldacollo: la Provincia e l’Asl li considera efficaci dispositivi medici di protezione (di cui la popolazione aveva bisogno in piena emergenza), la Procura no. Dunque secondo la Procura per procedere all’acquisto avrebbe dovuto essere indetta una gara ordinaria. Nel corso delle indagini è poi emerso che l’invito all’Asl di rivolgersi alla ditta «Texmarket» partì direttamente dagli uffici dell’assessore Widmann. Dalle copie forensi della memoria del telefono cellulare di una delle segretarie dell’assessore è stata infatti trovata copia di un messaggino sms recapitato direttamente a Zerzer perchè procedesse nell’operazione.













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