L'assessore Bizzo: "Per il polodi Bolzano spenderemo di meno"

Guerra di cifre sul parco tecnologico. Tra i capi di accusa offerti da Assoimprenditori ci sono 100 milioni di costi di realizzazione e 30 milioni all’anno per la gestione. «Cifre inventate», ribatte l’assessore all’Innovazione Roberto Bizzo (nella foto). Quello con il mondo dell’economia, sul tema del parco tecnologico, è un rapporto che va ricostruito. Intanto Bizzo replica alle accuse arrivate da Assoimprenditori



BOLZANO. Guerra di cifre sul parco tecnologico. Tra i capi di accusa offerti da Assoimprenditori ci sono 100 milioni di costi di realizzazione e 30 milioni all’anno per la gestione. «Cifre inventate», ribatte l’assessore all’Innovazione Roberto Bizzo. Ma prima Bizzo sottolinea: «Comunque non è tanto un problema di cifre: anche un euro speso male è troppo». E dopo tante critiche offre la sua versione spregiudicata del fronte comune nel mondo industriale contro l’impostazione del polo all’ex Alumix licenziata finora dalla giunta Provinciale: «Sento dire che c’è il timore che vengano tagliati i finanziamenti all’innovazione. Siccome questo l’abbiamo negato in tutti i modi, credo che alla base ci sia il timore delle grandi aziende che il parco tecnologico possa costruire dei concorrenti locali o che li importi da fuori. Le aziende giustamente pensano al loro profitto. La politica deve pensare a sviluppare tutto il territorio. Ecco perché rivendichiamo la guida politica nell’innovazione». Dopo il vertice del 15 luglio di Bizzo con il mondo economico, Stefan Pan, presidente di Assoimprenditori ha dichiarato «la discussione è completamente riaperta». Così Bizzo: «In realtà il discorso non è mai stato chiuso. Stilate le linee guida, era scontato il coinvolgimento degli imprenditori nello sviluppo del progetto». Se ne occuperanno, è stato deciso, quattro gruppi di lavoro: uno per l’approfondimento della documentazione strategica, uno che si occupi dei contenuti tematici, il terzo sui servizi che il Parco dovrà offrire e il quarto sulla legislazione di supporto all’innovazione.
Quello con il mondo dell’economia, sul tema del parco tecnologico, è un rapporto che va ricostruito. Intanto Bizzo replica alle accuse arrivate da Assoimprenditori e dal presidente della Camera di commercio Michl Ebner.
Partiamo dai finanziamenti. Assoimprenditori contesta i costi. Troppi, dicono, 100-130 milioni di spese per costruire il polo e 30 milioni all’anno di gestione.
«Ma le cose non stanno così».
La Provincia non spenderà oltre 100 milioni per gli edifici?
«Premesso che parliamo di un arco di tempo di 15 anni, lo stanziamento per il lotto riservato alla ricerca pubblica è di 58 milioni, di cui 20-25 per il polo universitario».
Quali facoltà?
«Stiamo discutendo con la quinta, Scienze e tecnologie: non è stato ancora deciso quali strutture della facoltà verranno trasferite».
Come nasce la cifra di 100 milioni?
«Perché altri 40 milioni sono previsti per gli spazi riservati alle imprese private. L’ipotesi è che vengano costruiti anche quelli dalla Provincia, che però ne chiederà gli affitti. Non è una pura uscita».
30 milioni per la gestione non sono troppi?
«Anche in questo caso non sarà così. Spenderemo al massimo quanto spendiamo oggi per enti come il Tis (4 milioni all’anno), che si trasferiranno lì. Non spenderemo più di quello e tendenzialmente anche di meno, grazie al trasferimento in un luogo unico. E comunque l’importante è capire quanto frutterà il parco, oltre a pesarne le spese. I parchi tecnologici nascono per produrre un ritorno economico per il territorio».
Le contestazioni degli industriali sono pesanti. Dicono che più che sugli edifici si deve investire sui cervelli.
«Infatti porteremo lì l’università. Credo che ci sia un problema di fondo: la Provincia potrebbe limitarsi a funzionare come un bancomat erogatore di contributi, facendo crescere i più forti. Ma quante sono le grandi aziende in Alto Adige? Non superano la quindicina. Dietro a certe accuse intuisco il timore della concorrenza».
Quale concorrenza?
«Che il polo possa attirare grandi imprese da fuori o che possa aiutare a crescere i medio-piccoli. Capisco i timori, ma la ricerca pubblica serve a fare crescere tutto il territorio, oltre a dare una speranza di lavoro ai nostri giovani cervelli. Altro tema: la ricerca affidata solo ai privati giustamente punta al profitto, mentre la ricerca pubblica può dedicarsi a nicchie non immediatamente remunerative, ma importanti per la società: un solo esempio per l’Alto Adige, il futuro dell’agricoltura». (fr.g.)

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