La bomba può uccidere quasi a 2 km 

L’ordigno di ponte Loreto. Partito il conto alla rovescia verso la grande evacuazione e la bonifica programmata per domenica prossima Il colonnello Gaetano Celestre: «Precauzioni necessarie di fronte a un residuato bellico di 250 chili con un potenziale davvero micidiale»


paolo tagliente


Bolzano. È piovuta su Bolzano durante le ultime settimane della seconda guerra mondiale, con i tedeschi in ritirata bersagliati da bombardamenti quotidiani, e ora, dopo un sonno lungo oltre 75 anni, sta monopolizzando le cronache e l’attenzione dei cittadini del capoluogo. Anche perché, tra una settimana esatta, la grossa bomba d’aereo venuta alla luce mercoledì scorso, a ponte Loreto, durante gli scavi per il nuovo collettore fognario, “offrirà” a mezza città una domenica, diciamo così, inusuale. Domani, il comitato per la sicurezza si riunirà nuovamente, a palazzo del governo, per fare il punto sulla situazione e dare nuove disposizioni. Sarà poi, il sindaco Renzo Caramaschi, con un’ordinanza, fisserà nel dettaglio ogni singolo aspetto della vasta operazione. I bolzanini, insomma, sapranno cosa fare e quando farlo. Gli oltre 4 mila costretti all’evacuazione, inoltre, verranno informati sui tempi e sui modi in cui dovranno lasciare le loro abitazioni, sui punti di ritrovo e sul rientro.

Ma cosa accadrà a ponte Loreto, tra le 9 e le 12 del 20 ottobre? Lo abbiamo chiesto al colonnello Gaetano Celestre, comandante del 2° Reggimento genio guastatori alpini, di stanza a Trento. Saranno proprio tre specialisti appartenenti a quel reparto, infatti, a “prendersi cura” dell’ordigno.

Colonnello, cosa accadrà nei prossimi giorni, attorno alla buca in cui si trova la bomba?

La prima fase prevede la realizzazione di un’opera di protezione, con hesco bastion (un contenitore realizzato con tondini d’acciaio, ndr) riempiti di sabbia e utilizzati per creare una sorta di quadrato attorno alla bomba. Un muro con lati circa 20 metri e alto cinque, con uno spessore che alla base misurerà circa quattro metri e mezzo, per poi ridursi nella parte più alta. Una struttura che, nel caso di un’esplosione accidentale, sarebbe in grado contenerne gli effetti come l’onda termica e la proiezione di schegge.

In queste ore, in città, in molti si chiedono se sia davvero necessario costringere in casa chi abita in un raggio di 1800 metri dall’ordigno.

Esistono tabelle di pericolosità per la distruzione degli ordigni. La distanza considerata letale per l’onda d’urto e per la protezione di schegge è fissata in 1830 metri. Se quella bomba l’avessi trovata su piano di campagna, senza alcuna costruzione attorno, sarebbe letale per una raggio di quasi due chilometri. I 1830 metri, appunto. Un raggio di pericolosità che siamo riusciti a ridurre, costruendo attorno all’ordigno la barriera di cui abbiamo parlato. Non ci sarà l’evacuazione, ma, all’interno di quell’area, diciamo comunque di non uscire di casa e di rimanere al coperto.

Precauzioni indispensabili perché la bomba in questione non è esattamente un petardo.

Proprio così. Si tratta di un ordigno del peso di 500 libbre, circa 250 chili, 140 dei quali sono esplosivo. Ha due spolette, è alta circa un metro, a un diametro di circa 40 centimetri e ha la forma di un sigaro. È una delle tante che l’aviazione americana sganciò sull’areale ferroviario negli ultimi mesi di guerra.

Quanti operatori entreranno nella buca, domenica mattina?

Saranno tre gli specialisti a intervenire sull’ordigno. Gli artificieri smonteranno le due spolette, i congegni che attivano l’esplosivo all’interno dell’ordigno. Si tratta di due congegni che hanno più di 70 anni, che probabilmente sono state danneggiate dall’urto con il terreno, che per qualche motivo non sono esplose e che poi, sono rimaste sotto terra per oltre sette decenni. Rimosse quelle, la bomba sarà inoffensiva.

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