La crisi affonda Arcadia dramma per 18 famiglie

L’azienda di stufe smobilita e va in Germania a causa della crisi del mercato I dipendenti: «Siamo specializzati e non più giovani: nessuno ci assumerà»


di Alan Conti


BOLZANO. Le stufe in maiolica sono un simbolo delle Stube, quasi un marchio dell’Heimat. Fa impressione scoprire come proprio loro siano protagoniste di una delle chiusure più drammatiche legate alla crisi economica. Un tradimento territoriale. L'Arcadia Fire Company, infatti, ha deciso di svuotare il proprio stabilimento di via Fermi a Bolzano, lasciando un “esile” filo di futuro nelle mani di 18 lavoratori. La comunicazione ufficiale è arrivata lunedì, le porte saranno definitivamente chiuse a marzo. L'azienda aveva rilevato il ramo produttivo delle stufe da Thun mantenendone il marchio: grandi speranze svaporate in poco più di un lustro. In sei anni tutto finito dopo una cassa integrazione a rotazione che già aveva un suono sinistro. Componenti e strumentazioni sono in direzione Germania per quella che tecnicamente viene definita “delocalizzazione” e che, molto più concretamente, è una grande preoccupazione.

Una situazione che priva diverse famiglie bolzanine di certezze acquisite negli anni: i dipendenti sono quasi tutti impiegati da più di un decennio nel settore delle decorazioni e della colorazione a spruzzo. Professionalità le loro non spendibili su una larghissima scala del mercato del lavoro. Se a questo aggiungiamo un'età che non è vecchia anagraficamente, ma scarsamente ricercata dal punto di vista occupazionale si compone un quadro natalizio triste nel presidio organizzato dai sindacati ieri mattina.

«La situazione è dettata da una criticità di mercato – spiega il presidente Femca Cisl Maurizio Albrigo – sono tre anni che questa azienda segna un rosso di bilancio». Pochi i raggi di speranza che arrivano dal capitolo ricollocazione. Arcadia, infatti, sposta tutto in Germania: come minimo bisognerà seguirla. «Si parla di 6 possibili riposizionamenti, ma è delicato anche il tema della mobilità. Se fa fede l'accordo partirà da dicembre, altrimenti si andrà a gennaio. Il problema è che dal 2015 la legge Fornero taglia diversi mesi ai lavoratori più anziani».

Entrando nel dramma delle famiglie però, questa chiusura dà la misura della sua gravità. «Mio marito è senza lavoro – ammette con grande dignità Mimosa Mezini – e nessuno è disposto a dargli una chance a causa dell'età. Io sono stata decoratrice prima alla Thun e poi da Arcadia con una specializzazione importante. Ora dovrò adeguarmi a fare quello che trovo. I miei figli studiano all'università e non me la sento di dire loro di smettere per andare a lavorare».

Emigrare in Germania? «In caso di necessità ci si può pensare, ma per una famiglia si tratta di una scelta non facile».

Monica Boscolo guarda fisso davanti a sé. «Cosa vuole che le dica? Da anni mi occupo di colorazioni a spruzzo e non so dove rivolgermi. Vado a lavorare in una carrozzeria?».

«Dalle stelle dei vertici della Thun alle stalle – riflette Manuela Dal Bosco – e sembra impossibile. Avevo fatto cassa integrazione per un anno, quindi sapevo che l'azienda non navigava in ottime acque. Non mi aspettavo, però, che tutto precipitasse così in fretta. Ora la parola d'ordine sarà accontentarsi e non è sempre così facile».













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